“Basta ai rapporti di lavoro troppo precari e ai contratti intermittenti: i giovani hanno accettato tali condizioni perchè si trovano in una posizione di debolezza, ma le imprese non avrebbero dovuto proporglieli”. Con queste parole il professor Carlo Dell’Aringa, docente di Economia Politica all’Università Cattolica di Milano, nonché editorialista de Il Sole 24 ore, ha aperto l’incontro pubblico organizzato dalla Diocesi di Carpi e da Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani, lo scorso 9 maggio, presso il Museo diocesano d’Arte Sacra.
“La riforma del lavoro – ha proseguito il professor Dell’Aringa – vorrebbe dare maggiore stabilità e protezione ai giovani, ma c’è ancora molto da fare”. I perni principali attorno ai quali ruota la riforma sono il tema della flessibilità, la questione degli ammortizzatori sociali e il dibattito sull’adeguatezza della preparazione. “Le imprese – ha incalzato il professore – sono disposte ad assumere di più solo a patto di avere più flessibilità che, in sintesi, equivale a maggiore facilità di licenziamento – il famoso articolo 18 di cui si sente tanto parlare – ma in questo modo per i giovani aumenta l’incertezza e, inoltre, il problema degli ammortizzatori sociali è sempre dietro l’angolo. Con questi contratti flessibili, infatti, per i giovani diventa difficile arrivare a ottenere il sussidio e, attualmente, si sta parlando di minisussidio”.
I dati delle statistiche sono sempre più allarmanti: 1 giovane su 3 è senza lavoro e molti ormai non lo cercano nemmeno più. Il tasso di disoccupazione giovanile continua la sua drammatica ascesa e oggi tocca la soglia del 36%, confermandosi tra i più alti in Europa: siamo secondi solo alla Spagna. Per contrastare tale fenomeno in preoccupante crescita vi è un altro fattore sul quale è necessario focalizzarsi: il livello di preparazione di neo diplomati e neo laureati. “Occorre rendere i giovani più preparati e occupabili. Le statistiche rivelano che, mediamente, il livello di apprendimento del Paese è scadente, specialmente in certe regioni, e, soprattutto, evidenziano il forte divario tra scuola e mercato del lavoro. Siamo l’unico Paese al mondo – ha proseguito Dell’Aringa – che dà come sbocco post scuole medie superiori solo l’università, perchè in tutti gli altri stati ci sono anche scuole professionalizzanti, utili ai fini dell’occupazione in quanto le imprese richiedono maggiori specializzazioni”.
E continuando con le rilevazioni statistiche, purtroppo abbiamo anche il primato della minima quota percentuale di studenti delle superiori che hanno qualche esperienza di lavoro durante il percorso di studi. “In Germania – ha puntualizzato il professor Dell’Aringa – dove vige il sistema dell’apprendistato, il livello di disoccupazione è inferiore al 10%: una gran bella differenza rispetto al nostro 36%. L’apprendistato costituisce il motore dell’economia di un paese e in Germania, come in Austria, Olanda e molti altri stati che l’hanno capito, il sistema sta dando i suoi frutti. Occorre ritornare al metodo dei salesiani e quindi imparare attraverso il lavoro, iniziare a fare esperienze lavorative quando ancora si sta studiando, magari durante il periodo estivo. Non ci deve più essere una distinzione netta tra studio, lavoro e pensione: questi tre momenti devono essere più liquidi”, ha sentenziato Dell’Aringa.
Alla luce di queste considerazioni, tuttavia, non si può prescindere dal quadro generale della situzione economica del nostro Paese e del mondo intero, considerato che siamo in un’ecomomia globalizzata, all’interno della quale il lavoro giovanile costituisce solo un tassello, seppure importante. “Finchè l’economia planetaria andrà male – ha concluso il professore – non ci sarà riforma che valga. E qui mi rivolgo direttamente alle imprese: occorre essere più competitive e avere uno sguardo lungimirante, solo così, forse, si può sperare di reinnescare la crescita e far luce sul futuro delle nuove generazioni”.