La storia delle case del popolo

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Sono il simbolo di un modo pulito di fare politica, dal basso, partendo dai bisogni concreti delle persone. Per molti sono, da sempre, parte del panorama urbanistico dei paesi e delle città. Di certo, ognuno di noi, ci ha messo piede almeno una volta nella propria vita. Sono le Case del Popolo, luogo poliedrico dove la politica incrocia la funzione socio-economica e quella aggregativa. Le Case del popolo sono, ora, protagoniste di uno specifico volume dal titolo “Le Case del popolo della provincia di Modena” curato dalla Fondazione Modena 2007. La Fondazione venne costituita dai Ds prima del loro scioglimento nel Pd per valorizzare il patrimonio immobiliare di proprietà del partito. Oggi svolge una funzione di supporto al Pd con la messa a disposizione di sedi, di custodia e riordino dell’archivio storico del Pci-Pds-Ds, e di ricerca sulla storia del movimento della sinistra italiana nel modenese. In questo ambito si colloca la decisione di pubblicare quest’opera. La ricercatrice Chiara Lusuardi, colmando una lacuna oggettiva nella nostra storiografia recente, ha raccolto le immagini e la storia di ben 75 Case del popolo sparse su tutto il territorio provinciale, classificandole in ordine alfabetico da Bastiglia a Vignola. Allo storico Lorenzo Bertucelli il compito di inquadrare tra la fine dell’Ottocento e lungo il Novecento il clima politico, sociale ed economico in cui nasce e si sviluppa questo fenomeno il cui fine è ben sintetizzato nell’atto costitutivo, del 1886, dell’Associazione operai braccianti del comune di Finale Emilia: “togliersi dallo stato di miseria e soggezione”. Infine Raffaello Scatasta si è assunto l’onere di scegliere e restaurare le fotografie che rendono prezioso il volume.
La storia delle Case del Popolo è una storia di sacrifici, speranze e ideali. Prende avvio nei primi anni del ‘900 a iniziativa socialista grazie al lavoro volontario di sterratori, muratori, capomastri e semplici cittadini. L’avvento del regime fascista significa violenza, annessioni forzose all’Opera nazionale dopolavoro e vera e propria distruzione, come capitò alla Casa del popolo di San Damaso. Nel dopoguerra questi luoghi tornarono a nuova vita, ma non senza difficoltà: nei primi anni ’50, il ministro dell’Interno Mario Scelba non esitò a usare le maniere forti per cacciare coloro che si erano insediati in quelle che lui considerava ex Case del Fascio, quindi di proprietà del demanio. Numerosi gli episodi raccontati nel libro che riguardano la nostra provincia: a Concordia, ad esempio, lo sgombero fu attuato, nonostante le proteste e la mobilitazione popolare, facendo penetrare all’interno della Casa del popolo, da un pertugio, un carabiniere. Giuseppe D’Alema, padre di Massimo, allora segretario del Pci modenese, disse: “Sono entrati dalla buca delle oche”. In quegli stessi anni, quindi, si decise di avviare la costruzione di nuove strutture: grazie ancora al lavoro volontario e alle sottoscrizioni a fondo perduto di tanti si realizzarono ben 13 nuove Case del popolo, andando ad allargare quel patrimonio che, come spiega Onelio Prandini della Fondazione Modena 2007, “ha concorso alla formazione democratica di intere generazioni”.
“L’idea di riunire in un volume ricerche, testimonianze e fotografie che rappresentano più di un secolo di storia dell’associazionismo popolare, dei partiti della sinistra (Pci e Psi) e del sindacato (le Leghe braccianti) – scrive Prandini – ci è parsa cosa utile per riconoscere l’impegno di coloro che, sacrificando in maniera deliberata il proprio tempo e le proprie risorse, collaborarono alla costruzione delle Case del popolo, veri centri di democrazia e di libertà per tutti i cittadini”.

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