Gli imprenditori non sono superman

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“I giovani, con la loro incoscienza, il loro coraggio e la loro capacità di sognare, sono le energie migliori della società. Il futuro appartiene a loro e noi siamo pronti ad aiutarli, a ridar loro speranza, attraverso la saggezza della nostra esperienza, affinché i talenti non vengano dispersi e termini la fuga dei cervelli all’estero”.

E’ questo il messaggio lanciato dal governatore Lions del Distretto 108TB, Anna Ardizzoni Magi, al convegno dal tema: L’imprenditoria giovanile – Si può sperare in un futuro migliore, organizzato da Lions Club Carpi Host, Lions Club Alberto Pio e Leo Club, lo scorso 23 aprile, nell’ambito delle manifestazioni nazionali per il Lions day 2012, in un Auditorium San Rocco pieno di studenti degli istituti superiori carpigiani.

“I giovani – ha continuato Ardizzoni Magi – sono il motore della crescita e l’avvenire del nostro Paese ma hanno bisogno di aiuto. Per questo è necessario dare loro spazio, creando contesti favorevoli e offrendo una formazione adeguata. Le nuove generazioni non devono solo sapere, devono saper fare, creando nuove imprese in ambito agricolo e industriale”. Ma come far crescere l’Italia e i giovani? A tentare di dare risposta, un ospite d’eccezione: Luigi Abete, presidente della Banca Nazionale del Lavoro Spa.

“E’ utopico pensare di risolvere il problema dell’occupazione giovanile se non riformiamo l’intero mercato del lavoro”, incalza Abete. L’Italia è un paese che non cresce e questa stagnazione è imputabile a più cause. “Nel nostro Paese esiste un divario notevole in termini di produttività tra le aziende che esportano e quelle che si rivolgono solo alla domanda interna: le prime infatti dovendo confrontarsi con un competitor agguerrito e feroce come il mondo, sono costrette a produrre di più e meglio per sopravvivere rispetto alle seconde e ciò crea un forte disequilibrio”.

Ma produrre di più non è sufficiente: “Germania e Francia hanno un Pil in crescita perchè più gente lavora: i lavoratori in età attiva (tra i 15 e i 64 anni) in Germania sono 72 ogni 100, in Francia 63 ogni 100, mentre in Italia sono 57 su 100. Il tasso di occupazione italiano è più basso perchè meno persone cercano lavoro: giovani agiati cercano di rimanere a carico della famiglia di origine il più possibile e molte donne, a causa della carenza di infrastrutture e servizi, soprattutto al Sud, decidono di dedicarsi soltanto alla cura della famiglia”.

Non dimentichiamo poi che l’Italia non investe in ricerca e sviluppo quanto gli altri paesi europei (10 miliardi di euro tra pubblico e privato nel 2010, contro i 27 della Francia e i 47 della Germania) e questo incide negativamente sulla nostra capacità di fare innovazione. “A ciò si aggiunge, come dimostrano le statistiche, la scarsa capacità di apprendimento delle materie scientifiche, ovvero quelle trainanti per lo sviluppo di un Paese, da parte dei giovani italiani”. Insomma all’Italia mancano “hardware (soldi) e software (tecnici preparati e talentuosi)”, chiosa Abete.

Nonostante il quadro sia problematico, Abete intravede comunque spiragli di luce per il futuro. La sfida della società moderna è quella di una distribuzione più equa della ricchezza: “occorre creare equilibrio tra i fattori di sviluppo e la solidarietà. I paesi crescono perchè producono ed esportano all’estero, perchè fanno investimenti pubblici e privati capaci di rimettere in moto l’economia e perchè la domanda interna è frizzante. Dobbiamo sentirci meno ricchi, meno sazi, meno arrivati: questa è la prima grande riforma culturale di cui necessita l’Italia”.

Se riusciremo a giocare questa partita allora, secondo il presidente della Bnl, “l’imprenditoria giovanile diventa una straordinaria opportunità. Una palestra per i ragazzi che, invece di aspettare una raccomandazione, un colpo di fortuna o il posto perfetto, creano qualcosa di innovativo. Con la Rete ci sono mille nuovi mestieri da inventare”. Ma attenzione, avverte Abete, “il lavoro per una vita non esiste più”, quella di imprenditore non è una condizione “ineluttabile”, se le cose vanno male, “si chiude e si pensa a qualcosa d’altro, compreso il lavoro dipendente. Non è una sconfitta”.

L’imprenditoria rappresenta un modo per affacciarsi al mondo del lavoro “da protagonisti – continua Abete – ma non è una strada percorribile da tutti. Gli imprenditori non sono dei superman. Non possiamo vivere solo di protagonismi, il nostro Paese ha bisogno di grandi reti e maggiore autoregolazione, per costruire una società più giusta che è la base per tornare a crescere”.