Bandiere indigeste

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Non serve scomodare autorevoli analisti, nè i riferimenti politici nazionali. Non serve analizzare gli equilibri in Consiglio Comunale e le posizioni di forza dell’una o dell’altra fazione. La fine dell’ircocervo è tutta lì, in quei simboli comparsi in occasione del 1° Maggio davanti alla sede del partito in via G. Pascoli. La bandiera del Pd che sventola in perfetta sintonia con quella della Fiom (neanche della Cgil) è l’espressione di un’identità, quella che ancora oggi manca al Partito Democratico: è la nostalgia per quel vecchio Pci trinariciuto ma che sicuramente aveva una morale e ideali forti e che lottava al fianco dei lavoratori. In questi tre anni il Pd non è mai decollato e la spinta dell’antiberlusconismo prima o poi si esaurirà: ce la faranno i militanti/naufraghi a trovare la forza per sopravvivere? L’entusiasmo iniziale si è esaurito: i margheritini, gli stessi che non digeriscono quelle bandiere accostate, hanno deciso di non rinnovare la tessera e non sono pochi quelli che nel partito esultano per l’addio. Si tratta dei puristi del Pd, provenienti dalla filiera Pci-Pds-Ds: si sentono gli unici autorizzati (in virtù dei numeri?) a rappresentare la linea e tendono a emarginare chi non è come loro. E’ tutto qui il malessere piddino di questi anni. Quelle bandiere ne sono l’espressione più evidente.

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