Il diritto di famiglia non è al passo coi tempi

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E’ uscito nel 2011 per i tipi di Giuffrè Editore “Mantenimento e casa coniugale. Aspetti giuridici ed economici”, l’ultima pubblicazione dell’avvocato carpigiano Saverio Asprea che, dopo quarant’anni di professione, ha deciso di dedicarsi esclusivamente alla saggistica. “Lo studio ha la fortuna di poter continuare attraverso l’attività di mia figlia Sandra nelle stesse materie di diritto civile, matrimoniale e commerciale”. A Firenze, dove abitava con la famiglia, Saverio Asprea ha frequentato l’Università all’epoca di Calamandrei e La Pira conseguendo la laurea in Giurisprudenza. A Carpi esercita dal 1970. Oltre all’esercizio della professione, l’avvocato si è dedicato all’attività pubblicistica trattando di diritto processuale civile e, in particolare, di diritto di famiglia, istituto “che ha visto un’evoluzione incredibile nel corso degli anni e nonostante i ‘freni’.
Oggi parliamo di famiglie al plurale perché esistono diversi prototipi”. A segnare la svolta è stato il seme gettato nel testo della Costituzione (art. 29) e poi sviluppato con la legge 151 del 1975, “la riforma del diritto di famiglia, la più importante approvata da un governo di centro sinistra, quando l’ alleanza tra cattolici e socialisti funzionava a livello politico. Con quella legge il Parlamento cambiò la materia in profondità, adeguandola alle norme della Costituzione e stabilendo una sostanziale parità di diritti tra i coniugi”. La società migliora, secondo Asprea, “perché i rapporti tra coniugi acquistano una dimensione nuova: il padre non è più pater familias o padre-padrone. L’equiparazione formale tra i coniugi libera energie e risorse della moglie all’interno della coppia”. La famiglia, di conseguenza, è cambiata ma non perché sia andata a rotoli, come qualcuno ancora oggi sostiene “scambiando la causa per l’effetto. Non è l’esistenza della legge ad aver provocato la crisi familiare già endemica: un maggior senso di coesione favorisce una famiglia basata sugli affetti e una società più libera e consapevole”. Oggi cresce il numero delle famiglie di fatto, non regolate dal matrimonio civile o religioso, ma non esiste in Italia una legislazione che regolamenti la convivenza e riconosca ai membri di questa diritti e doveri. “L’Italia sconta un ritardo notevole rispetto ad altri paesi d’Europa come la Danimarca in cui la disciplina legislativa parte dal 1987, la Francia in cui i Pacs disciplinano i rapporti di fatto o la Germania (legge del 2001) e la Spagna (2005)”. In Italia siamo fermi. “L’ultimo tentativo risale al 2007 quando sembrava che fosse tutto pronto per l’approvazione dei Dico, una legge saggia e prudente, non rivoluzionaria certamente. Niente da fare, anche i Dico sono finiti con un brusco stop, insieme alle altre decine di proposte che sono state avanzate in questi ultimi anni”. Intanto le famiglie di fatto aumentano di numero, ponendo non pochi problemi. “Se il convivente viene ricoverato in ospedale, il partner non ha diritto a chiedere informazioni sulla sua salute o a intervenire se viene richiesta un’autorizzazione; se uno dei due conviventi muore, l’altro non può avanzare diritti sull’eredità che, in caso di precedente matrimonio e successiva separazione, spetta per esempio all’ex moglie…”. “Ai funerali di Stato per i morti di Nassirya – continua ancora Asprea – la compagna di una vita del reporter che rimase ucciso insieme ai soldati, fu sollevata di peso e allontanata dai militari perché non era nell’elenco delle persone autorizzate, nonostante lei avesse chiesto di poter partecipare”. Se la legge sull’affidamento congiunto dei figli tutela anche quelli delle coppie di fatto (“La tutela dei figli nella separazione, nel divorzio e nella famiglia di fatto” di S. Asprea, 2006), non c’è nessuna legge in Italia che tuteli i conviventi di una coppia di fatto e ne regolamenti l’unione. “Si tratta di una questione di civiltà” ribadisce l’avvocato Asprea che ha scritto il volume “La famiglia di fatto” (Giuffrè, prima edizione 2003, seconda edizione 2009) per “informare e dare un contributo civile e morale oltre che sul piano giuridico”. A dir la verità, nemmeno in caso di separazioni e divorzi conseguenti il matrimonio c’è adeguata tutela dei coniugi, secondo Asprea. “Non è possibile che un giudice dopo essersi occupato di un caso di recupero crediti, possa decidere il destino di una coppia senza essere specializzato in diritto di famiglia. Occorre arrivare a un Tribunale per la famiglia che si occupi esclusivamente di una problematica così complessa, differente e delicata, come quella familiare”. E l’avvocato cita l’esempio della mediazione familiare che è prevista dalla legge. “La legge – spiega – prevede che la mediazione sia a carico dei privati e quindi a loro spese senza oneri per la finanza pubblica. Gli ex marito e moglie dovrebbero, dunque, pagare di propria tasca la consulenza per tentare il tutto per tutto al fine di restare insieme. Il risultato è che molti non la fanno. E’ pensabile una cosa del genere? La famiglia è abbandonata a se stessa”.