A Carpi ci sono 143 acconciatori. Di questi 5 sono gestiti da cittadini cinesi. I figli del dragone fanno fronte alla crisi economica riconvertendosi sul mercato del lavoro con una flessibilità che ha dell’incredibile.
Dopo i ristoranti, i negozi di corso Fanti, l’attività contoterzista nel settore tessile-abbigliamento e la gestione di numerosi bar che fanno parte della storia e della tradizione della nostra città, ora i cinesi investono sui saloni di parrucchiera. Bastano 6 euro per una messa in piega, otto per il taglio e appena venti per il colore… le coiffeuse con gli occhi a mandorla, fenomeno dilagante soprattutto nelle grandi città, stanno letteralmente stracciando la concorrenza italiana. Sotto il profilo economico infatti, non c’è gara coi colleghi di casa nostra, così come in termini di orari e disponibilità. Basti pensare che le serrande cinesi restano aperte no stop dalle nove del mattino alle nove di sera, rinunciando il più delle volte persino al lunedì, tradizionale giorno di chiusura.
Ma come possono permettersi di lavare e acconciare una testa più o meno sporca a meno di 6 euro? Un negozio nella nostra città ha spese fisse per circa ??mila euro all’anno, gli affitti si aggirano tra i 600/700 euro in periferia, sino a mille e oltre in centro storico, a seconda dalle metratura. Salassi che, soprattutto in tempo di crisi economica, hanno costretto numerosi parrucchieri italiani ad appendere al chiodo forbici e spazzole o a ridimensionare l’attività, in termini di spazi o personale assunto. E mentre cresce l’esercito “nero” di parrucchiere ed estetiste che lavora in casa per contenere i prezzi e sbarcare il lunario, i nuovi concorrenti cinesi ce la fanno – incredibilmente – alla luce del sole. Gli italiani si difendono e li accusano di offrire “scarse garanzie di carattere igienico, di impiegare sostanze chimiche dannose per la salute e prodotti non testati dalla dubbia provenienza”. E, ancora, di essere piuttosto reticenti nel “rilasciare ricevute fiscali e ad assumere manodopera regolare”. A onor del vero, quasi sempre le imprese cinesi, regolarmente iscritte alla Camera di Commercio, sono – così come nel caso dei bar – a gestione familiare e ci lavorano cugini, nipoti e via dicendo… naturalmente senza contratto e, questo, è sicuramente un modo alquanto ingegnoso per “arginare” i prezzi. Sul fronte del servizio i clienti paiono soddisfatti. “Con dieci euro ho i capelli in ordine. E’ bello potersi permettere di andare dalla parrucchiera quando vuoi”, ci racconta la trentenne Giulia che però, sul fronte prodotti utilizzati dagli coiffeur cinesi non ha dubbi: “io non mi fido. Per questo shampoo e balsamo me li porto da casa”. Beata sincerità…