Le riflessioni del Vescovo sull’elemosina

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“Il fatto che della questua si sia discusso in consiglio comunale – osserva monsignor Elio Tinti – indica che il tema è sentito dai cittadini, a prescindere dall’appartenenza politica. In qualità di Vescovo, desidero ricordare subito che Gesù aveva una preferenza per i poveri, per ogni tipo di poveri: di beni, di spirito, di senso… E’ tenendo bene a mente questo concetto che dobbiamo rapportarci con i poveri, consapevoli che ciascuno di noi è povero di qualcosa.
Personalmente ritengo che, in genere, i veri poveri si nascondano. Non chiedono l’elemosina, se mai richiedono un aiuto. Lo sa bene la nostra Chiesa: la Caritas diocesana, le Caritas parrocchiali, la Mensa del Povero di San Nicolò, quella di San Giuseppe Artigiano e le altre parrocchiali lavorano a ritmo continuo, in un confronto ammirevole, serrato e fruttuoso con le tante povertà presenti anche sul nostro territorio.
Poi, è vero, ci sono i questuanti: la loro povertà può imbarazzare, ci mette davanti alle ingiustizie del mondo e alle nostre paure. L’istinto può essere quello di sfuggire i mendicanti, ma capita che il cuore intervenga e ci si lasci coinvolgere donando una monetina. Sarebbe meglio accompagnata da un sorriso.
Però c’è anche una questa molesta, fastidiosa, insistente, che arriva addirittura all’ingiuria; generalmente non è fatta da un singolo ma da un gruppetto di due-tre persone, magari giovani di colore. Questo rimanda al racket, che va perseguito e combattuto anche se, va detto, questa malavita si alimenta di povertà così chi è povero peggiora la sua situazione e lo diventa ancora di più.
Allora, che fare?
La Chiesa tenta di offrire risposte valide a un problema articolato e complesso. Lo fa, dicevo, con strutture adeguate come la Caritas, indicando nel volontariato sociale e nella sussidiarietà una strada da percorrere, lasciando poi all’individuo le possibilità di decidere sul da farsi, di volta in volta.
Per quanto riguarda le decisioni prese in consiglio comunale, posso dire che hanno fatto il loro dovere cercando di intervenire condannando con forza il racket che sta dietro alla piaga della povertà e affermare la loro libertà e responsabilità nell’affrontare temi di ordine pubblico.
Aggiungo però che l’aumento dei questuanti è un segnale evidente che è aumentata la povertà. E’ una società, la nostra, opulenta ma povera, una società alla ricerca di senso. Allora cogliamo, tutti insieme, questa occasione per pianificare una vera e propria lotta alla povertà del mondo – in un mondo globalizzato la tua miseria diventa ancora più mia -, ricordando che è nella giustizia e nella condivisione la chiave per uscire da questa situazione che va affrontata con equilibrio: cuore e cervello, sensibilità e ragione. Senza dubbio vale per il pubblico, il cittadino, il cristiano può spingersi più in là, ricordando le parole del Vangelo”.

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