Quando riprenderà l’attività no covid all’Ospedale di Carpi?

L’indicazione della Regione Emilia Romagna è chiara: occorre iniziare a riprogrammare l’attività ospedaliera. A creare percorsi separati per pazienti covid e non, a ripensare protocolli, reparti e servizi territoriali. Ma come ha recepito l’Ausl di Modena il messaggio del commissario Venturi? Come si sta attrezzando per garantire la messa in sicurezza del Ramazzini di Carpi e un graduale ritorno alla normalità?

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Calano, seppur lentamente, i ricoveri dei pazienti Covid nelle terapie intensive e sub intensive degli ospedali della nostra Provincia. Il nuovo approccio adottato, ovvero quello di “aggredire” il virus alla prima comparsa dei sintomi con un kit farmacologico ad hoc e direttamente al domicilio delle persone sta progressivamente riducendo le ospedalizzazioni e rendendo i quadri clinici meno gravi. Ora però, dopo quasi due mesi di stop forzato della normale attività ospedaliera, numerosi pazienti in attesa di essere sottoposti a interventi programmati e saltati a causa dell’emergenza coronavirus, chiedono quando potranno ricominciare a vedere uno spiraglio di normalità all’Ospedale Ramazzini di Carpi. Quando le sale operatorie ricominceranno, almeno in parte, la loro attività? Quando riprenderanno visite, esami e screening?

“In questo momento – ha sottolineato il commissario ad acta per l’Emergenza Coronavirus, Sergio Venturi – gli ospedali stanno cercando di tornare alla normalità. Vi sono però alcune migliaia di cittadini che stanno affrontando la malattia e quindi non è ancora giunto il tempo per nessun operatore – impegnato in ospedale o sul territorio – di ridurre l’intensità del proprio lavoro nonostante i sacrifici fatti da febbraio a oggi. In tanti mi chiedono quando l’attività ospedaliera tornerà a regime: i direttori generali delle varie aziende sanitarie mi confermano che stanno riattivando le sale operatorie e che alcune aree dei nosocomi ricominciano lentamente una vita covid free. Voglio essere chiaro – prosegue Venturi – anche se la malattia scomparisse nei prossimi mesi, non smantelleremo le aree dedicate al trattamento dei pazienti covid-19 perché non possiamo commettere l’errore di rifarci cogliere di sorpresa da questo virus. Zone separate che garantiscano la sicurezza degli altri pazienti. Una separazione fondamentale per far sì che non si creino più focolai dentro ai nosocomi perché questo, per un luogo di cura, costituirebbe il primo fallimento. Questa volta terremo i nostri bastioni ben guarniti”.

L’indicazione regionale è dunque chiara, occorre iniziare a riprogrammare la propria attività. A creare percorsi differenziati per pazienti covid e non, a ripensare protocolli, reparti e servizi territoriali. Ma come ha recepito l’Ausl di Modena il messaggio del commissario Venturi? Come si sta attrezzando per garantire la messa in sicurezza del Ramazzini e un graduale ritorno alla normalità?

Nella settimana di picco, dal 23 al 29 marzo, al Ramazzini erano ricoverate mediamente 14 persone in Rianimazione e 54 nell’area medica Covid. Tra il 13 e il 19 aprile i casi che necessitano di assistenza respiratoria sono scesi a 4, mentre i pazienti meno gravi, i cui ricevi sono comunque lunghi, sono 44.

“L’Ausl – risponde l’azienda sanitaria con una nota – sta ovviamente lavorando a un piano di ripresa, che sarà graduale e dovrà garantire la sicurezza di cittadini e operatori, sia dell’attività di specialistica ambulatoriale, sia dell’attività chirurgica, a partire dalle indicazioni regionali che sono in continua evoluzione, così come è ancora in evoluzione l’epidemia.

Il contesto ospedaliero è ancora molto impegnato nella gestione dell’emergenza covid, ma rispetto alla chirurgia, che non si è mai del tutto interrotta, si è lavorato molto – e lo si farà ancora – sulla collaborazione pubblico-privato: si è continuato a operare, in particolare sull’Oncologia che ha proseguito gli interventi, mentre ultimamente si stanno riavviando le attività chirurgiche programmate – partendo da quelle in priorità A, vale a dire a trenta giorni – di ortopedia; si effettuano inoltre alcuni interventi in diagnostica radiologica sui quali è possibile assicurare il necessario livello di sicurezza. Tutte le urgenze, sia a livello di prestazioni ambulatoriali che chirurgiche, infine, sono sempre state garantite”.

Insomma il percorso è ancora tutto da costruire e le incognite rimangono numerose. Nelle prossime settimane ogni sforzo dovrà essere profuso per ripensare non solo la struttura ospedaliera ma tutta la rete assistenziale del nostro territorio.

“Non so se ci saranno nuove ondate autunnali del virus – ha più volte ribadito il commissario Venturi – ma reputo che in questa fase della malattia ci siano state delle modifiche: il virus ha cambiato vestito. All’inizio abbiamo assistito a situazioni in cui le persone si presentavano all’ospedale col 30% del tessuto alveolare compromesso ora non è più così. Non so se ci saranno nuove ripresentazioni ma in quel caso ci faremo trovare pronti”.

E per essere pronti occorre mettersi al lavoro sin da subito, affinchè il luogo di cura per antonomasia, l’ospedale, torni a essere operativo su tutti i fronti, e per garantire agli anziani ospiti delle case protette o seguiti al loro domicilio, di uscire indenni dalla carneficina a cui stiamo assistendo da due mesi a questa parte.

Jessica Bianchi

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