Quando l’espiazione è per il bene della comunità

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“E’ un jolly da giocare una sola volta, ma la possibilità di commutare una pena in ore di lavoro da spendere per il bene della comunità e rivedere splendere la propria fedina penale è un’occasione da cogliere al volo”, ha commentato l’avvocato Massimiliano Mariani. Di cosa si tratta? Il 10 maggio scorso, il presidente della Fondazione Casa del Volontariato di Carpi, Lamberto Menozzi e il presidente del Tribunale di Modena, Vittorio Zanichelli, hanno sottoscritto una Convenzione a dir poco rivoluzionaria per la nostra città che permette alle associazioni ospitate nel condominio della solidarietà di viale Peruzzi di accogliere persone – fino a un massimo di cinque contemporaneamente – condannate allo svolgimento di un lavoro di pubblica utilità, consistente cioè nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività. Ma chi sono questi condannati? “Tra loro non ci sono assassini, nè serial killer – spiega Nadia Bonamici, psicologa e tutor del progetto – bensì persone che hanno fatto errori in cui ciascuno di noi potrebbe rischiare di incorrere nel corso della propria vita”. La pena del lavoro di pubblica utilità infatti, trova applicazione pratica principalmente per le più diffuse violazioni di due fattispecie di reato previste dal Codice della strada: la guida in stato di ebbrezza e quella in stato di alterazione per uso di sostanze stupefacenti. “Malgrado le mie iniziali perplessità – ha commentato Menozzi – questo progetto è in realtà decollato immediatamente e sono già una decina le associazioni aderenti (Ushac, Alice, Gruppo Parkinson Carpi, Cooperativa Il mantello, Uisp comitato provinciale, Università libera età Natalia Ginzburg, Ancescao, Cooperativa sociale Scai, Centro Sportivo Italiano comitato di Carpi e Al di là del muro). Attraverso questo progetto, la Fondazione realizza appieno due dei suoi scopi statutari: promuovere la cultura della solidarietà e far conoscere il mondo del volontariato alle giovani generazioni. Auspichiamo quindi che almeno una parte dei ragazzi inviati dal Tribunale, una volta terminato il percorso imposto, continuino a rimanere in forza presso le associazioni e possano mantenere, attraverso l’esperienza fatta, una costante apertura verso la solidarietà”. Tra le mura della casa quindi, la pena non sarà soltanto intesa come punitiva, bensì come opportunità educativa e di servizio, come ha sottolineato anche Elena Po, consulente legale della Fondazione. “Seppure imposta, un’esperienza di questo tipo può far sviluppare il desiderio di mettersi al servizio della comunità anche dopo aver scontato la propria pena”. Alle sue parole fanno eco quelle della Bonamici: “il progetto del lavoro di pubblica utilità si configura in quelle attività di riappropriazione del ruolo di educazione sociale che è proprio delle organizzazioni di volontariato in senso stretto e in modo più ampio di tutto il Terzo settore. Sicuramente dopo questa prima fase di sperimentazione saranno molte altre le associazioni (l’adesione alla Convenzione è attuabile anche da parte di associazioni esterne alla Casa, purché situate nel territorio di Carpi, Novi e Soliera) che si metteranno a disposizione, coniugando il bisogno di avere un aiuto concreto e la possibilità di offrire un’occasione di vedere la vita da un’angolazione diversa: quella del volontario”. Ad oggi sono tre i lavoratori di pubblica utilità in forza presso gli enti operanti nella casa del volontariato e il primo arrivato sta svolgendo il suo incarico presso la Cooperativa Scai. “Tutti possiamo sbagliare – ha commentato il presidente, Ilario De Nittis – ed è un nostro preciso dovere morale tentare di offrire una via d’uscita. Questa alternativa alla pena, grazie alla calendarizzazione concordata degli incontri, permette di mantenere la continuità del proprio lavoro, di rimanere vicini ai propri famigliari e di collaborare per il bene della collettività in maniera solidale. Davvero un’occasione preziosa per tutti”. Dopo che il condannato avrà prestato la propria “manovalanza” per il numero di ore stabilito dal giudice, ha concluso Mariani, “il Tribunale dichiarerà estinto il suo reato, dimezzerà la sanzione amministrativa della sospensione della patente e revocherà la confisca del veicolo sequestrato”. E se filerà dritto, la sua fedina penale resterà immacolata!
Jessica Bianchi