Stop al consumo del territorio!

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Il terremoto ha completamente ridisegnato lo sky line delle nostre città. Centri storici azzoppati, case crollate, ospedali in ginocchio, chiese e palazzi antichi piegati dalla violenza dei sismi di maggio. Il terremoto ha mutato le relazioni sociali, ha minato certezze: il nostro territorio, da sempre considerato sicuro dal punto di vista sismico, all’improvviso ci ha rivelato una realtà ben diversa. Viviamo in una zona ad alto rischio ed è proprio da tale nuova consapevolezza che dobbiamo ripartire.
A fronte del varo del Piano Casa regionale, Ecologisti, Reti civiche e Verdi europei (soggetto nato un anno fa a Roma, a metà strada fra un partito e un movimento, che riunisce la Costituente ecologista, il partito dei Verdi, la rete di cittadini e attivisti nata intorno al sito internet Abbiamo un sogno e i Sindaci della Buona Amministrazione) rilanciano con forza l’esigenza di dover sì ricostruire e in fretta, ma secondo logiche nuove, maggiormente rispettose dell’ambiente, per non ripetere errori già commessi in passato. “Il gruppo di lavoro che vede rappresentanti di Cento, Suzzara, Moglia e Carpi, tre province e due regioni – ha spiegato Carmelo Alberto D’Addese – si è attivato con l’obiettivo di affrontare e gestire l’emergenza post terremoto e per far in modo che un evento drammatico come il sisma si trasformi in un’occasione per ricostruire in maniera eco-compatibile e sviluppare un’economia virtuosa. Insieme abbiamo stilato un documento programmatico che vuol essere un contributo fattivo e propositivo da sottoporre alle istituzioni”.
Una ricostruzione che, come ha sottolineato Mary Luppino, co-portavoce nazionale del partito, insieme a Michele Dotti, deve partire da un assunto fondamentale: “il consumo del territorio è un cancro a cui occorre dire basta. Il terremoto non deve essere l’ennesima occasione per continuare a realizzare nuove costruzioni: il territorio è una risorsa finita da tutelare. Chiediamo quindi che venga adottata una politica urbanistica ispirata al principio del risparmio del suolo, della salvaguardia del paesaggio e del patrimonio storico e artistico del nostro Paese, puntando alla riqualificazione dell’esistente, secondo criteri di ecosostenibilità ed efficienza energetica”. Al centro dell’attenzione il recupero dei centri storici, “simboli identitari e luoghi di aggregazione sociale”, per evitare di ripetere tutti gli errori commessi all’Aquila, dove sono state “costruite città satellite ed è stato disintegrato il tessuto socio economico”. L’invito che la Luppino rivolge poi al commissario per la ricostruzione Vasco Errani è quello di “ricostruire secondo criteri di bellezza e sicurezza”, vigilando costantemente per evitare “infiltrazioni mafiose e speculazioni”. E’ necessario, conclude la portavoce, che ogni “finanziamento pubblico o donazione vengano gestiti interamente in Regione, con trasparenza ed efficienza, individuando – e comunicando in modo capillare ai cittadini – gli obiettivi prioritari”. Parole condivisibili, progetti auspicabili, la cui realizzazione è però legata a un altro tema fondamentale: il reperimento delle risorse, vero nodo scoperto dell’emergenza post sisma. Ammontano a circa 13 miliardi di euro i danni provocati dal terremoto, mentre gli aiuti stanziati – di cui non abbiamo visto ancora un centesimo – ad oggi sono poco più di 3 miliardi. Il divario è talmente evidente da rendere vano ogni commento. Come porre rimedio quindi all’insufficienza delle risorse stanziate da questo Governo, alle prese con un Paese che sta colando a picco? Il consulente d’impresa Gaetano Turrini, del gruppo di lavoro di Ecologisti, Reti civiche e Verdi europei, rilancia dicendo che è “necessario introdurre altri strumenti finanziari di sostegno alla ricostruzione tenendo conto delle difficoltà dello Stato a far fronte a ulteriori contributi in conto capitale”. Quali? “La proposta è quella di creare un fondo nazionale di finanziamento, gestito dalle Regioni coinvolte, con la collaborazione dei Consorzi di Garanzia, costituito da somme messe a disposizione da Cassa Depositi e Prestiti, Fondazioni bancarie, istituti di credito e altre organizzazioni finanziarie che, a tassi agevolati, sostenga un piano di ricostruzione del patrimonio edilizio e produttivo”. Allo stesso tempo, rilancia Turrini, “occorre derogare il patto di stabilità dei comuni affinché possano avere libertà di investimento e di spesa”. Tra le priorità individuate dal nuovo soggetto politico “green” vi è poi la necessità di favorire al più presto la ripresa economica, “utilizzando principalmente la leva fiscale”. Dalla creazione di una zona franca (che consentirebbe un periodo di defiscalizzazione per il tessuto produttivo di almeno 5 anni) alla sospensione dei tributi per un altro anno da restituire con un tasso decoroso, nell’arco di cinque anni. In un panorama politico italiano a dir poco desolante, questa “nuova” realtà – la cui assemblea statutaria si terrà in autunno – nata sulle ceneri di esperienze ormai tramontate, sta cercando di strutturarsi in vista delle prossime elezioni politiche. Un appuntamento a cui tutti noi vorremmo arrivare senza dover pensare alle nostre case ancora da ricostruire. Una cosa è certa, in Emilia Romagna, roccaforte rossa per antonomasia, la politica si sta giocando la sua partita più importante. E gli emiliani non sono certo disposti a fare sconti. Non più. Non ora.
Jessica Bianchi