Quando torneranno a suonare le campane?

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Il bilancio della Diocesi di Carpi a oltre 100 giorni dal sisma è a dir poco impietoso: soltanto 4 delle 49 chiese presenti sul territorio sono agibili (Quartirolo, Corpus Domini e San Giuseppe, insieme alla chiesa della Sagra, messa a disposizione dal Comune di Carpi per la comunità della Cattedrale e le celebrazioni diocesane) e solo per pochissimi edifici sarà possibile un recupero in tempi relativamente brevi. I danni ammontano a circa 460 milioni di euro: una cifra che allontana sensibilmente il momento in cui i fedeli potranno riappropriarsi dei “propri” luoghi di culto e di preghiera. A partire dalla Cattedrale cittadina. “Carpi respira con due polmoni, – ha dichiarato il vescovo, monsignor Francesco Cavina – l’ospedale e il Duomo; mentre rientravano sempre più reparti all’interno del Ramazzini, i lavori di messa in sicurezza della cattedrale (spesa stimata: 500mila euro) che, lo ricordiamo, hanno portato alla chiusura di un intero isolato del centro storico, stanno proseguendo, con nostra grande gioia”. Un’impresa ardua che prevede più fasi. Attualmente la Cmb sta provvedendo alla messa in sicurezza della cupola e della facciata per evitare ulteriori crolli e infiltrazioni di acqua piovana. Tali opere risultano particolarmente complesse per la difficoltà di raggiungere la cupola centrale che sarà sottoposta a una cerchiatura su più livelli, sia sull’esterno che sull’interno, con il ripristino delle murature distrutte. Si provvederà anche alla messa in sicurezza della facciata e delle zone di tetto lesionate dal crollo dei decori, attraverso la realizzazione di una copertura provvisoria delle porzioni mancanti. “Reperire una ditta non è stato facile – continua il vescovo – per la complessità dell’intervento e per la volontà di non mettere in pericolo gli operai. In caso di scosse importanti infatti, trovarsi all’interno di una chiesa mastodontica come il Duomo, potrebbe comportare conseguenze davvero disastrose”.
In un contesto di grande precarietà, anche per il perdurare delle scosse, ha poi sottolineato Marco Soglia, coordinatore tecnico della Diocesi per la ricostruzione, la Curia non si è mai fermata. “Diocesi, Comuni e Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici continuano a operare in stretta collaborazione, al fine di trovare le soluzioni più efficaci e in tempi brevi per poter eliminare al più presto le situazioni di pubblico pericolo e affinché si ripristini una vita ordinaria nelle realtà territoriali colpite”. Al momento sono in corso di definizione progetti che consentano di ottenere l’agibilità per una decina di chiese non eccessivamente danneggiate che potrebbero entrare nelle tranches di finanziamento per la ricostruzione, previste nel biennio 2012-2014. Terminata la fase delle opere provvisionali – interne ed esterne – di messa in sicurezza si dovrà infatti passare a quella di riparazione e ricostruzione: un vero e proprio punto interrogativo. “Il nodo cruciale sono i fondi statali”, ammette amaramente l’economo diocesano, Stefano Battaglia. Impensabile che la Diocesi possa avere le forze per far fronte autonomamente a 460 milioni di euro di danni e, a causa degli incerti stanziamenti statali, è partita la ricerca di sostenitori privati attraverso collaborazioni e “adozioni” dei singoli monumenti, affinché il patrimonio storico-artistico della Diocesi di Carpi possa essere restituito alla comunità e, per quanto sarà possibile, la vita di fede possa riprendere nei luoghi originari. E la Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi giocherà un ruolo importante nel ridar vita al patrimonio lesionato? Sosterrà il ripristino della cattedrale di cui, nel 2015, ricorrerà il cinquecentenario della fondazione? “L’ente presiediuto da Gian Fedele Ferrari – spiega monsignor Cavina – ci sta già aiutando nel recupero della Scuola Sacro Cuore.
Considerata l’entità del danno subito però, la ricostruzione non è pensabile né, tanto meno, fattibile senza il sostegno degli enti pubblici”. In questo momento, rilanciano dalla Fondazione “le priorità sono ospedale, sociale e scuole. Considerate le dimensioni dell’emergenza post sisma infatti, la tutela dei beni storici e artistici, per quanto importante, passa in secondo piano”. E questo, in soldoni, significa che, con una buona dose di ottimismo, dovrà passare almeno un decennio, per sentir nuovamente cantare le campane, molte delle quali ancora sotto le macerie dei campanili…
Jessica Bianchi