I grandi del Novecento

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Continuano i cicli di conferenze sulla storia della scienza organizzate dall’Università Libera Età Natalia Ginzburg e tenute da Alfonso Cornia, docente di matematica presso l’Itis da Vinci di Carpi. Gli appuntamenti di ‘Novecento’, questo il titolo della nuova serie di incontri che affronteranno i cambiamenti avvenuti nelle nostre vite grazie all’applicazione tecnica delle ricerche scientifiche durante il ‘Secolo breve’, si terranno a partire da mercoledì 15 febbraio – e, a seguire, il 22 dello sesso mese, il primo e l’8 di marzo – dalle 15 alle 17 presso il ‘da Vinci. ‘Parlare di scienza a docenti, studenti e pubblico esterno – spiega il professor Cornia, commentando l’andamento delle conferenze – è stata un’esperienza molto gratificante. Gran parte dei partecipanti non metteva piede in una scuola da molto tempo; grazie a questa iniziativa hanno potuto entrare in un’aula, confrontarsi con insegnanti, assistere a qualche piccolo esperimento di elettromagnetismo e di rilevazione delle radiazioni”. Dalle biciclette agli aerei, dalle navi ai voli spaziali, dai radar alla bomba atomica, dalla radio ad internet. Negli ultimi 100 anni se ne è fatta di strada. “La prima risposta che mi viene spontanea è che la mia vita è molto diversa da quella dei miei nonni; ma la vita dei miei nonni non è stata molto diversa da quella dei loro nonni, bisnonni, trisavoli. Le modifiche, nel corso di una, due generazioni, sono state nel Novecento più rapide che in tutte quelle precedenti. Vorrei però sottolineare che parleremo non solo delle applicazioni tecnologiche, ma anche delle nuove visioni del mondo che le scoperte dell’ultimo secolo hanno aperto: la cosmologia, la genetica, la relatività, affrontano questioni di grande importanza anche concettuale. E in futuro mi piacerebbe parlare di altri temi altrettanto importanti: la medicina, la demografia, l’istruzione”. La tecnica – già lo segnala il pensiero greco – ha sia risvolti estremamente positivi che, purtroppo, altri parimenti nefasti. La velocità degli spostamenti in auto ha prodotto un inestimabile progresso, che si è però accompagnato ad un enorme scempio ambientale su più fronti. Così come la ricerca sull’atomo: energia ‘civile’ da un lato, le terribili armi nucleari dall’altro. Vede ambivalenze simili anche nelle ultime frontiere delle ricerche genetiche? “Gli interrogativi sulle conseguenze delle scoperte e delle invenzioni hanno da sempre accompagnato il cammino della scienza, ma negli ultimi decenni i dilemmi sono diventati ancora più drammatici, le contraddizioni e le ambivalenze si sono accentuate. Mi limiterò a fare alcuni esempi. Nel 1900 Marie Curie decise di non depositare il brevetto per il processo di isolamento del radio, ritenendolo patrimonio della comunità scientifica e, indirettamente, dell’umanità. Metteva al primo posto non la propria carriera ma il bene comune. Cinquanta anni dopo, in piena guerra fredda, alcuni scienziati hanno colto il drammatico salto di qualità che i nuovi tipi di armamenti comportavano. Albert Einstein, Bertrand Russell, Frédéric Joliot-Curie e altri fisici, biologi, chimici, sottoscrissero il ‘Manifesto Pugwash’ in cui, oltre al grido d’allarme per i pericoli che l’umanità correva, proponevano di mantenere aperta la collaborazione fra scienziati di diverse nazionalità, di favorire il lavoro comune, lo scambio di esperienze e di risultati: un modo di ridurre i pericoli. Meno barriere, meno segreti, più sicurezza. Direi che la via da seguire non è tanto quella della proibizione, del segreto, delle rivalità personali e di gruppo, ma al contrario la condivisione, lo scambio e la verifica reciproca del risultati. Certamente il senso di responsabilità e il civismo degli scienziati sarebbero incentivati. E avremmo meno schegge impazzite del tipo del dottor Stranamore”. Ma quali sono i caratteri peculiari del ‘pensiero scientifico’? “Anche se esso non può essere isolato dagli altri aspetti della personalità, degli interessi, dei desideri e delle paure umane, credo che le caratteristiche che lo contraddistinguono siano da un lato l’intersoggettività, vale a dire un insieme di regole comuni che riguardano la conduzione delle ricerche, la verifica o la falsificazione dei risultati, la collaborazione fra diversi soggetti. Dall’altro la consapevolezza, molto viva nei grandi scienziati, che la conoscenza delle leggi della natura non esaurisce la complessità della realtà. Vorrei riportare un’altra citazione di Marie Curie, personaggio che ho imparato ad apprezzare ancora di più preparando l’incontro a lei dedicato: ‘Uno scienziato nel suo laboratorio non è soltanto un tecnico, è anche un fanciullo posto di fronte a fenomeni naturali che lo impressionano come un racconto di fate. Dobbiamo avere un mezzo per comunicare questo sentimento all’esterno, non dobbiamo lasciar credere che ogni progresso scientifico si riduca a macchine e ingranaggi. L’umanità ha bisogno di uomini d’azione, ma anche di sognatori per i quali perseguire disinteressatamente un fine è altrettanto imperioso quanto è per loro impossibile pensare al proprio profitto’”.
Marcello Marchesini