Pericolo tumori a Fossoli? La parola all’esperto

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La proposta di Garc di voler realizzare a Fossoli un impianto di cogenerazione a biomasse sta infuocando da settimane l’opinione pubblica e ha portato alla nascita del Comitato No inceneritori Carpi che si sta spendendo per fermarne la realizzazione. Ma la nostra salute è davvero in pericolo? Quali sono le sostanze residue della combustione che si liberano nell’ambiente? Quanto sono dannose per la salute dei cittadini?
Lo abbiamo chiesto al ricercatore modenese Stefano Montanari che da anni svolge un’intensa opera di divulgazione scientifica nel campo delle nanopatologie, soprattutto per quanto riguarda le fonti inquinanti da polveri ultrafini.
Viviamo in uno dei luoghi più inquinati della terra, la Pianura Padana, una centrale a cogenerazione a biomasse legnose contribuirebbe a peggiorare l’inquinamento dell’aria già da maglia nera (lo scorso anno abbiamo avuto più di 80 sforamenti delle Pm10)?
“Uno dei primati della Pianura Padana è quello relativo all’inquinamento: siamo trionfalmente il numero uno in Europa, davanti a una zona tra Germania e Paesi Bassi. E’ ovvio che, aggiungendo altre fonti d’inquinamento, la situazione non potrà certo migliorare. Uno dei tanti aspetti deliberatamente ignorati dai nostri cosiddetti politici e dai nostri cosiddetti accademici è quello relativo all’eternità di non poche polveri, cioè alla loro persistenza nell’ambiente, dal momento che la Natura non dispone di meccanismi per trasformarle in qualcosa di tollerabile per l’equilibrio ambientale. Così, se quelle polveri restano per sempre e se ne vanno ad aggiungere di nuove, l’inquinamento non potrà che accrescersi. Un altro aspetto di cui si preferisce tenere all’oscuro la popolazione è quello degli sforamenti. Per prima cosa le rilevazioni sono tutt’altro che affidabili. Il Corriere della Sera denunciò a suo tempo come l’Arpa Lombardia si avvalga di centraline taroccate e chiunque può meditare su episodi quali l’incendio della DeLonghi di Treviso o quello dell’inceneritore di Modena. In quei casi una nuvola nera e pesante gravò sul territorio e l’aria diventò irrespirabile. Eppure, ufficialmente era tutto a posto. Ma basta tenere le centraline orientate in un certo modo per ottenere dati più “benevoli”. Inoltre occorre sapere che le particelle che vengono valutate con predominanza tra le PM10 hanno un impatto tutto sommato non enorme sulla salute e limitarsi a rilevare quelle, dice ben poco. Sono le particelle più piccole a incidere negativamente sulla salute. La rilevazione stessa, inoltre, fatta pesando le particelle invece di valutare la loro grandezza e il loro numero, è fuorviante. Una particella da 10 micron pesa un milione di volte più di una da 0,1 micron e, dunque, per la legge vigente avere sospesa in aria una grossa particella di fatto innocua o averne un milione ognuna delle quali infinitamente più aggressiva rispetto a quella grossolana non fa differenza. Quanto ai limiti di legge, basta andare a un documento del 2007 della European Environment Agency, l’ente europeo che si occupa di ambiente. Lì è scritto chiaramente che non esiste alcuna quantità di particelle che sia tollerabile per l’organismo”.
Il sindaco dice alla cittadinanza di non preoccuparsi poiché verrà bruciato legno vergine. In realtà il pericolo è nello stesso processo di combustione. Conferma?
“I sindaci vengono scelti dalla popolazione. Evidentemente ai carpigiani va bene un sindaco così, un signore convinto che bruciare “legno vergine” sia un processo ecologicamente innocuo, ignorando che cosa avviene nel corso e nel seguito di qualunque combustione”.
La centrale a biomasse, con una potenza pari a 995 Kw e 4000 Kwt, produrrebbe energia elettrica – fornendola anche ad altre aziende – bruciando materiali legnosi, provenienti da sfalcio potature e dagli scarti di lavorazione di legno, circa 15mila tonnellate all’anno. Oltre al nodo da chiarire relativo agli approvvigionamenti, che giungerebbero copiosi via gomma (si stimano tre tir al giorno) considerata la potenza dell’impianto, il tema delle emissioni non è trascurabile. E’ possibile fare una stima delle emissioni totali annue previste dalla combustione di 15.000 tonnellate di materiali legnosi?
“In maniera approssimativa è possibile e chi propone la centrale deve fare il calcolo, ma non bisogna fermarsi lì. Chi propone centrali cosiddette “a biomassa” con quel prefisso “bio” così tranquillizzante dà a credere di bruciare legno vergine, qualcosa che, ahimè, esiste solo nella fantasia degli ignoranti o dei truffatori. Vergine significa che è pulito, cioè che non contiene tracce di concimi chimici, di diserbanti, di pesticidi, di ricadute inquinanti. Credo che chiunque si renda conto che roba del genere è introvabile. Un altro punto importante, e sempre taciuto, è quello della composizione del legno e dei vegetali in genere. Alla popolazione si fa credere che quei materiali siano fatti di carbonio, idrogeno e ossigeno. In realtà, oltre a quegli elementi, ce n’è un’infinità di altri. Noi ne abbiamo analizzati diversi e ci abbiamo trovato un po’ di tutto compreso l’oro e l’argento, ma anche, e in vegetali raccolti proprio nel Modenese, vicino a Serramazzoni, torio e uranio. Così, quando si brucia quella roba, le particelle che si formano non possono altro che contenere ciò che c’era nel combustibile. Sugli approvvigionamenti a me viene da ridere. Se tutti gli impianti cosiddetti a biomasse bruciassero davvero vegetali provenienti da un raggio di qualche decina di chilometri (come dovrebbe essere se l’idea di bio fosse seguita) temo che in pochi mesi l’Italia sarebbe indistinguibile dal Sahara. Nei fatti si importa combustibile da molte migliaia di chilometri di distanza e si brucia un po’ di tutto, compresi i rifiuti, cosa, del resto, permessa dalla legge”.
La Regione impone il cosiddetto principio del saldo zero (ovvero l’obbligo di ridurre le emissioni in misura uguale a quelle prodotte, conditio sine qua non per la realizzazione dell’impianto). Ma come può essere raggiungibile tale obiettivo se, da un punto di vista delle emissioni si calcola che, a parità di energia prodotta, un impianto a metano produce un inquinamento atmosferico nettamente inferiore rispetto a quello prodotto da un impianto a biomasse legnose e, allo stesso tempo, il progetto carpigiano non prevede nemmeno una rete di teleriscaldamento?
“Lasci perdere il teleriscaldamento, è un sistema disastroso da più di un punto di vista. L’invasione delle centrali a biomasse si deve a quella cornucopia che sono gli incentivi, cioè alla caterva di quattrini che i contribuenti sborsano per mantenere quegli impianti che, dal punto di vista economico, sono un fallimento. Se si valutasse il sistema dal punto di vista ecologico, non se ne parlerebbe nemmeno”.
Numerosi i medici e gli esperti che consigliano di ridurre al massimo il riscaldamento da fonti come le biomasse. Quali sono i pericoli per la salute in un territorio che ha già un’incidenza altissima di patologie tumorali?
“Mia moglie Antonietta Gatti e io, inascoltati e addirittura sbeffeggiati per anni, scoprimmo che le polveri – la combustione ne è il massimo produttore – entrano nell’organismo in parte per non uscirne più. Qui provocano una serie di malattie che noi battezzammo nanopatologie, un nome oggi usato universalmente. Le malattie cardiovascolari come ictus, infarto e tromboembolia polmonare sono in testa alla classifica. Poi ci sono tantissime forme di tumori, malattie neuroendocrine che coinvolgono, ad esempio, la tiroide, il passaggio delle polveri da madre a feto con conseguenti aborti e malformazioni, la sterilità maschile, il diabete cosiddetto di tipo 1, la stanchezza cronica…”.
Per molti i promessi monitoraggi e controlli dei fumi sono una bufala poiché bruciare biomasse non è come bruciare gas. La centralina monitorerebbe solo le pm10, ma le polveri ultrafini sono talmente miniaturizzate da non poter essere bloccate da alcun filtro esistente e arriverebbero dritte negli alveoli dei nostri polmoni. E’ così?
“I filtri sono più che altro cosmetici. Bloccano le particelle più grandi di 2 o 3 micron solo se sono prodotte direttamente laddove si brucia. Tutte le altre particelle, e sono la stragrande maggioranza, si formano dopo il filtro e, dunque, escono indisturbate. Va, poi, considerato il fatto che i filtri si intasano molto rapidamente e per questo all’incirca ogni secondo o mezzo vengono scrollati per liberarli da ciò che hanno catturato che, ovviamente, ritorna in circolo. Che le particelle, più piccole siano le più dannose perché riescono a penetrare fino al nucleo delle cellule attaccando il Dna noi lo dimostrammo oltre 10 anni fa e lo scrive persino l’Arpa”.
In soldoni: non potendole rilevare, queste particelle non esistono per la legge, ma in realtà gli inceneritori di oggi fan peggio di quelli più obsoleti, conferma?
“La dimensione delle polveri è inversamente proporzionale alla temperatura. Gli inceneritori di oggi bruciano a qualche centinaio di gradi oltre quanto si faceva con la vecchia generazione e, per questo, le polveri che escono sono più fini. Dunque, più penetranti”.
Jessica Bianchi