Un gigante in acqua

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“E’ il momento di sostenere Fabio, di fargli sentire che siamo tutti con lui”. Poi Dante Campari, uno dei suoi primi estimatori, come un fiume racconta la storia di un ragazzo che sta realizzando il proprio sogno al quale ha dedicato la sua vita. Il presidente della Pallanuoto Cabassi Carpi è ancora profondamente legato a Fabio Baraldi e anche quando si sofferma sulle grandi doti di questo campione della pallanuoto italiana le parole gli vengono dal cuore e, mentre Fabio è in vasca con il Settebello agli Europei di Budapest, Campari si attacca alla Tv per fare il tifo.
Nato a Carpi il 21 marzo del 1990 Fabio inizia a nuotare in Cabassi a nove anni. “Era un bimbone altissimo e a dieci anni sfiorava l’altezza di 1,80 metri. Le braccia ancora non c’erano ma lo facevamo giocare nei campionati giovanili e lui era uno che faceva quindici gol, praticamente un alieno” scherza Campari. Trascorreva il pomeriggio in piscina, faceva merenda con tre coni gelato e due coca e, dopo due chiacchiere con le segretarie, andava a fare allenamento alle sette di sera.
“Capimmo subito di avere un colosso dalle eccezionali doti fisiche su cui poter lavorare e la tecnica sarebbe poi arrivata” racconta Campari.
Allora la pallanuoto era stata avviata da poco e non c’era una società strutturata: col tempo, alla squadra che militava in Serie D si sono aggiunte le giovanili e la Pallanuoto Cabassi si è ritagliata il suo autorevole spazio nello sport carpigiano. Dante Campari, attuale presidente, ha avuto un ruolo fondamentale in questo percorso. “Fabio aveva poco più di tredici anni quando l’allenatore di allora lo fa esordire in Serie D e gli fa disputare l’intero campionato: tante società dell’Emilia Romagna notano la sua grinta e il suo modo di muoversi, sicure premesse di un futuro campione ma noi siamo stati sempre molto prudenti”.
L’evento che cambia le cose avviene poco dopo: durante un torneo estivo l’allenatore del Vallescrivia, società ligure che milita in Serie A2, lo vede e propone a Fabio e ai suoi genitori di trascorrere quindici giorni a Ronco Scrivia per allenarsi.
“Quando tornano a fine agosto li incontro nel mio ufficio che non riusciva a contenerci tutti: è l’occasione in cui Fabio mi comunica l’intenzione di trasferirsi definitivamente”. Sono tanti i dubbi e le perplessità ma Fabio è irremovibile e, a quattordici anni, si trasferisce nel comune di 4mila abitanti nell’entroterra ligure.
“Un contesto molto diverso da quello carpigiano: praticamente un ritiro permanente in un luogo isolato per allenarsi a pallanuoto al mattino, al pomeriggio e alla sera: Fabio era un ragazzino di quattordici anni e non dev’essere stato facile”. Ma il sogno è la forza di Fabio: “papà, ti prometto che un giorno giocherò in Nazionale” dice congedandosi dai genitori. Lo mettono subito a giocare in A2 ed entra anche in Nazionale Allievi, poi nella Juniores e nell’Under 20: a 19 anni è uno dei migliori giocatori d’Europa e uno dei più alti perché oggi Fabio raggiunge i 2.08 metri.
“Durante una partita di campionato viene notato dal responsabile tecnico del Posillipo e nel 2008 inizia la sua avventura a Napoli nel prestigioso circolo dove ha la possibilità di giocare con affermati pallanuotisti” racconta Campari.
Col Posillipo Fabio Baraldi vince due titoli di Campione italiano e nel 2011 arriva la convocazione per le selezioni dei Mondiali: per Fabio arrivano anche i guai a una spalla che lo costringono a rinunciare.
E’ del 2013 la proposta della Canottieri Napoli che torna in A1 con un progetto basato su giovani atleti tra cui Fabio Baraldi che, pur rimanendo a Napoli, cambia squadra.
“La Canottieri ha disputato un campionato eccezionale e Fabio ha segnato 41 reti: uno straordinario biglietto da visita per la convocazione agli Europei che sta meritando ampiamente. E’ lui il centroboa che sta trascinando la nostra Nazionale”.
Quando viene a trovare la famiglia che risiede a Soliera, Fabio fa sempre un salto in piscina comunale a salutare i vecchi amici e a firmare autografi ai più giovani atleti della pallanuoto carpigiana.
Dante Campari sorride ripensando alla “meteora” Baraldi e ha il rimpianto di non averlo potuto trattenere almeno fino ai diciotto anni. “E’ partito che era un ragazzino perché non c’era l’opportunità per lui di crescere professionalmente a Carpi. Non ho mai pensato di trattenerlo ma avrei voluto che ci fossero le condizioni per lui per restare fino alla maggiore età. Privilegiando in modo quasi esclusivo la pratica sportiva per tutti, non si creano le condizioni favorevoli per far crescere i ragazzi che hanno un talento speciale.
Ci sono tanti ragazzi che pur essendo eccezionali non compiono scelte difficili come quella che ha fatto Fabio, rinunciando un po’ anche al loro sogno. Per fare il salto, Carpi deve emanciparsi dal dominio del capoluogo e costruire un progetto per sostenere lo sport di livello”. Ora c’è da sostenere il Settebello ed è meraviglioso sapere che c’è un carpigiano in acqua con la Nazionale. Quando l’avventura di Budapest sarà terminata, Fabio merita gli onori da parte della sua città.
Sara Gelli