Fiume Secchia: l’argine è una foresta

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A bordo di un deltaplano hanno esplorato il corso d’acqua e, partendo dai risultati della Commissione tecnico scientifica incaricata dalla Regione, hanno proposto alcune riflessioni basate “sull’osservazione diretta del fiume e su documenti disponibili a tutti. Se avete voglia di approfondire ancora, contattateci” è l’invito del comitato ArginiaMo, nato all’indomani dell’alluvione che ha colpito Bastiglia e Bomporto il 19 gennaio 2014 a causa della rottura dell’argine del Secchia. Il fiume è uno dei più grandi affluenti del Po e attraversa il territorio dell’Unione Terre d’Argine toccando Rovereto, Cortile e Sozzigalli.
Il gruppo ArginiaMo concorda con lo studio scientifico che ha identificato, come causa della rottura dell’argine, la presenza di tane: “anche noi osserviamo le tane, tracce e presenze, di tassi, volpi e istrici lungo il corso del fiume, denunciandole alle autorità e inserendole nelle nostre presentazioni”.
La relazione di ArginiaMo però approfondisce il motivo della presenza di questi animali selvaggi: “una foresta incolta e abbandonata ha preso il posto dell’alveo in questi ultimi 20 anni. Il tasso, l’istrice e la volpe sono animali che hanno come habitat questo genere di foreste, non un fiume pulito. Creato l’habitat ecco gli animali, ecco perché non si vedevano prima di qualche anno fa”.
Oltre a richiamare animali che creano danno alla stabilità degli argini, “questa foresta rallenta la velocità dell’acqua favorendo il deposito di sabbia, argilla e limo che, anno dopo anno, riducono la sezione dell’alveo e innalzano il territorio golenale. E’ un gatto che si morde la coda: più il fiume va lento più si chiude; più si chiude più va lento”.
E, ancora, si legge nella relazione di ArginiaMo che dal 2009 al 2014 si è contata una media di 6 piene all’anno quando, fino al 2009, la media era di 1,5. Nel 2014 si sono registrate 8 piene. Nella stagione delle piene, da ottobre a giugno, sono ora sufficienti 10 mm di pioggia nel bacino montano del Secchia per alzare il livello al Passo del Bacchello di un metro. Ovvero basta un giorno di pioggia media in montagna per mandare il Secchia in piena (come ad esempio da 5,8 a 9,5 mt al Ponte del Bacchello nell’ultima piena del 3 maggio con 34mm di pioggia media). Questa onda di piena anziché defluire rapidamente permane per giorni in golena  perché la velocità dell’acqua è diventata molto bassa.  Considerando la pensilità di un fiume come la differenza fra la media dell’altezza degli argini e l’altezza media dei paesi circostanti, il Secchia è il fiume più pensile della regione con una quota di 12,40 mt. La relazione di ArginiaMo cita l’enciclopedia Treccani sul fiume pensile:“sul basso corso, per evitare le alluvioni, a volte gli uomini costruiscono argini, cioè soprelevazioni delle rive; ma se pure il letto del fiume si innalza, comincia una drammatica gara: si alzano gli argini, si alza il letto del fiume, si alzano ancora gli argini… finché il fiume diventa ‘pensile’, più alto delle terre circostanti, e una rottura degli argini può provocare una catastrofe”.
La golena, cioè il territorio fra l’alveo e l’argine, è un ottimo “polmone” in caso di piena. “E’ una cassa di espansione formidabile che può contenere  tutta la pazzia del Secchia ma ha il difetto di raccogliere e fermare nel tempo milioni di  tonnellate di deposito aumentando, anno dopo anno, la pensilità del fiume.
Il Secchia, quindi, è un fiume che durante le piene scorre a una decina di metri sopra le piazze dei nostri paesi e i suoi argini non sono di acciaio o di cemento armato, sono di terra. Il Secchia è una scommessa, un ardimento, un rischio, in definitiva una struttura fragile che, solo per il fatto di essere così, andrebbe controllata e manutenuta costantemente”.  E invece dopo soli 30 giorni dalla rottura, ArginiaMo denunciò la presenza di una grossa tana di tasso, con foro di entrata e di uscita a 65 mt di distanza, fra lo stante 94 e 95 presso Bastiglia, tutto ciò dopo che erano stati assicurati capillari controlli in tal senso subito dopo l’alluvione.  
La ricerca confronta con foto aeree l’alveo del fiume nel 1978 (da Immagini di un territorio di Antonella Manicardi – Artioli editori Modena, Biblioteca di Bomporto) perfettamente mantenuto con la giusta vegetazione ripariale che serve a dar corpo alle sponde e ampio a tal punto da consentire un rapido smaltimento dell’acqua con quello di oggi assediato da una intricata foresta.
“Questa foresta produce anche moltissimi rifiuti vegetali: rami, tronchi, che insieme a quelli che vengono giù dai monti, si imbrigliano fra gli alberi formando vere e proprie dighe frenando ulteriormente l’acqua”.
Frutto di questo continuo ripetersi di piene dovute al fiume intoppato sono poi i numerosi sifonamenti che sono citati come una delle maggiori cause di rottura d’argine: “da Sorbara al Passo dell’Uccellino ne abbiamo documentati 18. Anche se non indicato come causa della rotta del 19 gennaio, sono da considerare come un fatto grave soprattutto perché, a memoria d’uomo, non si ricordano fenomeni di questo tipo sul Secchia. Sono iniziati anch’essi nel 2009.  Non è bello per tutta la stagione invernale vedere l’acqua del fiume trapassare l’argine e defluire in campagna”.
Sara Gelli