Il balletto del mattone è a dir poco schizofrenico: solo nell’ultimo anno infatti, le tasse sulla casa hanno cambiato nome e volto ben sei volte. Un mare magnum di acronimi che sta gettando in confusione i cittadini. Tra Tares, Trasi, Tari, Tasi e Iuc infatti, non si sa davvero più che pesci pigliare. L’unica cosa certa è che dopo aver mandato in pensione anzitempo la vecchia Ici, di balzello in balzello, il Governo ha messo le mani in tasca agli italiani, impoverendoli ulteriormente. Il ballo del mattone parrebbe oggi esser terminato, almeno stando alle rassicurazioni provenienti da Palazzo Chigi ma, in realtà, nulla è ancora stato messo nero su bianco, come ci conferma l’assessore al Bilancio del Comune di Carpi, Cinzia Caruso, insieme al quale abbiamo tentato di districarci in questo complesso e “italianissimo” labirinto di tasse. Il ministro all’Economia, Saccomanni ha annunciato che emanerà un provvedimento che concederà agli enti locali la possibilità di incrementare le aliquote della Tasi allo scopo di concedere detrazioni alle fasce più fragili della cittadinanza ma di fatto, spiega Caruso, “la norma non è ancora stata ufficializzata e, di conseguenza, non conosciamo ancora il perimetro entro il quale potremo fare tali detrazioni, a chi e in quale misura”. Ma facciamo ordine nella girandola di sigle: “sulla casa, il Governo – spiega l’assessore – dal primo gennaio del 2014 ha introdotto la Iuc, ovvero l’imposta unica comunale, la quale si compone di Imu, Tari e Tasi. L’Imu, infatti, abolita per prima casa, terreni e fabbricati agricoli, permane per le seconde case, le aree edificabili, gli uffici, i negozi e gli stabili produttivi. La Tari è la componente relativa ai rifiuti che sostituirà la neonata e subito abortita Tares, mentre la Tasi è la Tassa sui servizi indivisibili dei Comuni (la cui base imponibile è la medesima prevista per l’Imu)”.
La Tasi “ruberà” all’Imu la base di calcolo, cioè la rendita catastale dell’immobile rivalutata del 5% e moltiplicata per 160. In soldoni, la nuova tassa sulla casa ci costerà molto cara. Addirittura più della vecchia Imu. Per quanto riguarda la prima casa, l’aliquota massima Tasi potrà arrivare dal 2,5 al 3,3 per mille, per gli altri immobili si potrà giungere fino a un massimo dell’11,4 per mille (anziché 10,6). L’aumento previsto consentito dello 0,8 per mille (che potrà essere applicato dai Comuni unicamente per finanziare le detrazioni per le famiglie) comporterà per lo Stato un gettito maggiore che però non potrà essere intascato dai sindaci per tenere in ordine i propri conti. Ergo, i cittadini spenderanno di più e il nostro Comune – cioè noi – avrà a disposizione meno risorse da utilizzare per la tenuta dei servizi e il bene della comunità. “La coperta si riduce ancor di più. Quest’anno – prosegue l’assessore – a causa della spending review avremo un taglio di 1 milione e mezzo sui trasferimenti statali e il mancato gettito relativo al pagamento dell’Imu sulla prima casa non verrà compensato dallo Stato. Lo scenario è preoccupante: faremo di tutto per non appesantire la pressione fiscale sui cittadini ma, fino a quando il quadro normativo non sarà completo, è impossibile prendere alcuna decisione relativamente alle aliquote”. Ma c’è poco da illudersi, in un panorama di risorse sempre più risicato e di una potestà impositiva comunale sempre più ridotta, per chiudere il bilancio in pareggio “o si tagliano i servizi o si aumenta l’imposizione fiscale”, ammette sconsolata Cinzia Caruso. “Quella del Governo è una mossa politica che, personalmente, non condivido: lo Stato continua a delegittimare le figure dei sindaci che non possono più stringere un patto responsabile col territorio. Nei palazzi romani si legifera sui tributi locali mentre quelli statali restano ingessati. Siamo di fronte alla morte del federalismo istituzionale. Per il bene delle comunità dovrebbe essere istituita una imposta locale immobiliare di completa competenza comunale, dall’emanazione del testo del tributo alla gestione della sua riscossione”. I numeri sono inclementi: a Carpi siamo passati dall’Ici che ci costava 20 milioni di euro l’anno ai 34 milioni dell’Imu (di cui 12 conferiti allo Stato). Ora aspettiamo la mazzata della Tasi che, al danno, aggiunge pure la beffa, dal momento che ci impoverirà due volte, togliendoci denari da un lato e servizi dall’altro, per arricchire le casse dello Stato. “Non abbiamo grandi margini di manovra – conclude Caruso – ma nel redigere il Bilancio cercheremo di comprimere ancor di più le previsioni di spesa”. Per fare i bilanci però, i Comuni hanno bisogno di certezze relativamente ai flussi finanziari ed è quindi decisivo che il Governo espliciti le norme. Sino ad allora è impossibile stimare quanto la Tasi ci alleggerirà. Come spesso accade, cambiano i nomi ma non la sostanza e a gonfiarsi la pancia, a scapito nostro, è sempre e soltanto Cesare…
Jessica Bianchi