E’ tempo di Casa della Salute

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Checché ne dica qualcuno, Carpi avrà la sua Casa della Salute. Dopo ripetuti rimpalli tra Azienda sanitaria e Amministrazione locale, infatti, a mancare era soltanto il luogo, la sede perfetta nella quale creare l’innovativa struttura. Il nostro settimanale, per mesi, ha proposto l’idea di riconvertire la Polisportiva Dorando Pietri: un luogo strategico destinato, in caso contrario, a morire, abbandonato a se stesso. A novembre la squadra capitanata da Alberto Bellelli ha sposato l’idea, proponendola formalmente all’Ausl, la quale sta effettuando tutte le verifiche del caso per decretare l’idoneità dell’immobile (i sopralluoghi dovrebbero terminare entro la fine di febbraio). Le risorse finanziarie per realizzare la struttura sono state stanziate: l’Azienda sanitaria di Modena, che ha già acceso un mutuo su autorizzazione della Regione Emilia Romagna, è disposta a dedicare circa 5 milioni e mezzo alla nuova Casa della Salute di Carpi, la quale dovrebbe vedere la luce a partire dal 2015 ed essere terminata in un paio d’anni.
La casa sarà di medie dimensioni, circa 2.500 metri quadri, e vi saranno collocati numerosi servizi oggi compressi o inadeguati: dal Consultorio famigliare (e ambulatorio ostetrico) attualmente ospitato all’interno di locali obsoleti e certamente non rispondenti ai crescenti bisogni dell’utenza a un Centro Prelievi ad accesso diretto, mossa che consentirebbe al servizio di abbandonare il seminterrato dell’ospedale Ramazzini, garantendo a cittadini e operatori una sede consona, sicura e moderna.
La Casa della Salute, secondo i diktat espressi dall’Ausl dovrà poi riunire sotto un unico tetto numerosi servizi di medicina primaria e territoriale: il Centro Diabetologico, la Pediatria di libera scelta, la continuità assistenziale, gli ambulatori specialistici di base e quelli infermieristici per la cronicità, la diagnostica di base, lo sportello unico, il Cup…
“La convivenza di diverse figure professionali operanti nel campo dell’assistenza all’interno della Casa, consentirà loro di stringere relazioni, confrontarsi sui bisogni emergenti e lavorare a progetti comuni. Tra le mura di questa struttura – sottolinea il direttore del Distretto socio – sanitario di Carpi, Claudio Vagnini – si potrebbe poi condurre un’efficace campagna di educazione alla salute,  responsabilizzando le persone sull’importanza di adottare stili di vita corretti e, allo stesso tempo, considerato il progressivo invecchiamento della popolazione, organizzando incontri per parlare di cosa significhi, concretamente diventare anziani”.
Un accentramento che consentirebbe anche di ottimizzare le risorse – poche – e stringere sinergie, poiché, lo ribadiamo ancora una volta, la medicina territoriale è l’unica speranza di tenuta del nostro servizio sanitario nazionale. Un’assistenza universalistica, basata esclusivamente sul sistema ospedaliero, non è praticabile né, tantomeno, sostenibile. Lo stato di salute della sanità pubblica cittadina è desolante: il tempo medio per ottenere una visita oculistica in ospedale è di oltre tre mesi! O, ancora, ad esempio, nel 2013, è stato soddisfatto il 57% delle richieste di Tac alla testa (dato aziendale), nel 2014 la percentuale è scesa al 18%. Certo l’azione dell’Usl di Modena arriva in ritardo. A Parma, il direttore generale dell’Ausl, Massimo Fabi, ha fatto scelte lungimiranti: ha optato per un solo Hub (il Policlinico) e tre ospedali minori e ha investito sul territorio, aprendo 26 Case della Salute. “Parma – prosegue Claudio Vagnini – rappresenta un modello da seguire. Con l’apertura di una Casa della Salute a Carpi si potranno approntare nuovi percorsi assistenziali – anche grazie al coinvolgimento  dei medici di famiglia – modi diversi di intendere la cura e la medicina, per i pazienti cronici (i quali, lo ricordiamo, incidono sul bilancio della spesa sanitaria per circa il 40%), gli anziani, gli adolescenti e le persone affette da patologie psichiatriche. Concentrare l’attenzione sulle patologie di lungo corso, creando percorsi specifici per questi pazienti, significa tagliare concretamente i tempi d’attesa in sanità”.  Scommettere sul territorio è l’unica carta a disposizione per “allargare l’accesso dei cittadini alla sanità pubblica”. Già nel 2005 il Pal (Piano attuativo locale) vero e proprio piano regolatore della sanità, raccomandava la chiusura degli ospedali di Castelfranco e Finale Emilia. Se così fosse stato, anziché sette nosocomi operativi in Provincia oggi ne avremmo 5, il che si sarebbe tradotto in una maggiore disponibilità di risorse da investire per potenziare la medicina territoriale, avvicinare ai cittadini l’erogazione dei servizi più semplici e a bassa complessità, dar forma a nuove forme assistenziali per i malati cronici e gli anziani (letti di lungoassistenza sul territorio e di lungodegenza-riabilitazione in tutti gli ospedali della provincia), riorganizzare i nosocomi per garantire migliori livelli di cura e valorizzazione  delle risorse umane.  La filiera dell’assistenza deve essere ampliata e le Case della Salute potrebbero rivestire un ruolo coagulante tra ospedale e domicilio.
Jessica Bianchi
 

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