Franco Mosconi, carpigiano d’adozione e docente di Economia Industriale all’Università di Parma, è stato ospite di Radio Bruno nei giorni scorsi per fare il punto sullo stato di salute dell’economia modenese e parlare del “modello emiliano” spesso al centro di studi e ricerche di economisti come l’ex premier Romano Prodi e Sebastiano Brusco.
Quasi tre anni fa pubblicò per il Mulino il libro “Le Metamorfosi del Modello Emiliano”. In questi mesi si è parlato spesso di crisi del modello emiliano riferendosi in particolar modo al mondo politico e a quello economico?
“Al momento ci sono due modelli. Quello economico ha ancora una sua vitalità. Il modello emiliano nella sua accezione economica esiste ancora e ha molto da dire. Se invece parliamo del modello politico preferisco barricarmi dietro a un no comment”.
Ma cosa si intende per modello emiliano?
“Si tratta, brevemente, di un sistema economico regionale contraddistinto da una forte base manifatturiera e da una spiccata vocazione all’export. L’impresa è al centro del sistema ma, cooperando con i territori, crea una grande coesione sociale. A questo va aggiunto l’impegno dei governi regionali e locali i quali, in passato, hanno assecondato lo sviluppo dei distretti. Sapiente combinazione di decentramento produttivo e integrazione sociale”.
Qual è lo stato attuale dell’economia regionale?
“Il comparto industriale emiliano romagnolo può essere paragonato per certi versi a quello tedesco ma ha aspetti da mettere a punto. E’ dunque necessaria una metamorfosi: come quella tedesca, l’economia della nostra regione destina un terzo del Pil prodotto alla esportazione, è un’economia aperta, con una robusta base manifatturiera. Ma nel quadro della nuova globalizzazione, dove viaggiano non solo i capitali ma anche le fabbriche, diventa sempre più importante costruire all’estero e non bastano più le piccole-medie dimensioni che caratterizzano il nostro sistema produttivo”.
Cosa devono fare i nostri imprenditori per uscire dalla crisi provocata anche dal sisma del 2012?
“Il modello emiliano deve puntare sul know-how e recepire dal modello tedesco, ad esempio, le università delle Scienze Applicate o il Fraunhofer. Istituti, quindi, in grado di promuovere la ricerca applicata e far oltrepassare il nanismo italiano”.
E come vede l’immediato futuro?
“Il calo del petrolio, il calo dell’euro, la manovra di allentamento decisa da Draghi sicuramente vedrà la crescita italiana, nei prossimi due anni, stimabile in 1 o 2 punti in percentuale. Io penso che questo, insieme a quello che le imprese, in silenzio, stanno già facendo da anni ripensando a se stesse, cambiando pelle, esponendosi maggiormente nei mercati esteri potranno nel prossimo biennio portare a una ripresa della nostra economia. Poi, però, sono necessarie politiche industriali che dovranno essere messe in campo a breve dal Governo”.
Pierluigi Senatore