“Ci sentiamo soli. Sull’orlo del baratro”

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“Abbiamo paura che qui chiuda tutto”. E’ questo il timore più grande che serpeggia tra i circa 300 lavoratori in forze alla Goldoni Spa di Migliarina.  “La produzione è ferma dal novembre scorso e noi siamo in cassa integrazione a zero ore. Sono tre mesi che non percepiamo lo stipendio: la situazione si fa sempre più drammatica”.  “Noi vogliamo solo lavorare”, continuano a ripetere in coro gli operai che, venerdì 3 luglio, hanno incrociato le braccia davanti all’azienda, chiedendo a gran voce, oltre alle loro retribuzioni, maggiore chiarezza da parte della direzione trincerata “in un ostinato silenzio”.
Come una doccia fredda, la proprietà ha infatti comunicato di aver depositato domanda di concordato con continuità presso il Tribunale di Modena, che porterà al “congelamento” di tutte le retribuzioni spettanti. E poi più nulla.
“Non possiamo mica continuare così: ci sono i figli, le spese della casa…il futuro si presenta nero! Onestamente ci aspettavamo più serietà da parte dell’azienda. Non so cosa ci aspetterà ora – racconta una lavoratrice – ricominciare daccapo a 50 anni è davvero un dispiacere”. “Io – prosegue un collega – lavoro qui dal 1996. Una cosa così grave non era mai accaduta. Ci sono famiglie di Rio Saliceto e Carpi che sono costrette ad andare alla Caritas perchè non hanno da mangiare e non riescono a onorare i propri debiti. E questa situazione di difficoltà e  incertezza si protrae dal 2009. E’ da allora che l’azienda ha iniziato a ricorrere agli ammortizzatori sociali. Qui rischia di saltare tutto e stiamo parlando di 300 persone, senza considerare l’intero indotto. Se la Goldoni chiudesse sarebbe un disastro per la tenuta stessa del tessuto socio economico del nostro territorio, per non parlare della distruzione della nostra dignità personale”.
“Siamo nell’incertezza più totale: io vivo solo ma, col mio unico stipendio, devo mantenere anche la mia famiglia che abita giù al Sud. Non so più come fare  – ci confida un altro lavoratore –  da sei mesi non riesco più a pagare l’affitto né, tantomeno, le bollette e rischio di finire in mezzo a una strada per la negligenza dimostrata dalla direzione aziendale. Sono convinto, e come me molti altri, che se avessero investito nel momento giusto sarebbero riusciti a risollevare le sorti della Goldoni”.
Tra i partecipanti al presidio, molti si augurano che si faccia avanti un acquirente: “ci sentiamo soli e dopo anni di sacrifici passati in questa fabbrica, spero che la proprietà riesca a vendere tutto e al più presto” perché, gli fa eco un collega, “oggi siamo sull’orlo di un baratro”.
Ed è proprio l’incertezza ciò che più logora gli animi: “viviamo in un limbo. Risultiamo occupati ma siamo in cassa integrazione senza stipendio quindi non abbiamo nulla. Non abbiamo più speranze”. 
Non sono solo i mancati stipendi a scaldare gli animi, bensì la totale mancanza di prospettive: “per due o tre mesi campi lo stesso, basta tirare la cinghia. Il problema vero è che qui manca il lavoro. E questo ci toglie orizzonti e prospettive future”, commenta rassegnata una dipendente. “Da mesi, per non dire anni, non si vede una via d’uscita. Andiamo sempre più giù… e ora siamo giunti a quello che io considero il punto di rottura. Vedere lo stato in cui versa l’azienda mi fa molto male. Sono passivi. Immobili: non sono  affatto fiduciosa”.
E’ dal 2008 che la Goldoni naviga in cattive acque: “l’inizio della crisi economica e la perdita di un cliente strategico come John Deer che faceva fatturare 20 milioni all’anno  – commenta Antonio Petrillo della Fiom/Cgil di Carpi – hanno fatto la loro parte. Poi però l’azienda, invece di reagire, si è come fermata. Non ha fatto progetti né investimenti: ci avevano parlato di una commessa con l’Etiopia da 68 milioni di euro ma la lettera di credito per mettere in produzione il contratto non è mai partita e ora la Goldoni versa in una condizione finanziaria drammatica: se non ci saranno eventuali acquirenti o una profonda modifica gestionale, per questa impresa non ci sarà futuro”.
Il concordato, procedura tesa a evitare il fallimento, ha dei tempi tecnici piuttosto lunghi: “prima che il Tribunale prenda in carico l’iter possono passare dai 90 ai 120 giorni. Nel frattempo, insieme a una delegazione di lavoratori, incontreremo la direzione nella sede  della Provincia di Modena – conclude Petrillo – per confrontarci relativamente ai quattro acquirenti (ndr qualcuno sussurra il nome di Fiat, ma nessuno conferma) che paiono essersi fatti avanti. La nostra speranza, infatti, è che subentri un compratore in grado di risanare e rilanciare la Goldoni con un piano industriale concreto e strutturato”.
Jessica Bianchi
 

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