Ci sono questioni che danno libero sfogo agli istinti più bassi: quella relativa ai profughi è una di queste. Generalmente, dalla sua trattazione, più o meno semplicistica, dipende il grado di popolarità che si vuole raggiungere. In questo angolo di provincia, l’ultimo caso è quello del sindaco Alberto Bellelli che, pesantemente attaccato sul web e sui social anche sul piano personale, “sta esaminando con l’ufficio legale l’ipotesi di procedere con formale querela contro chi, in modo strumentale, ha stravolto le sue dichiarazioni, trasformandole in ricostruzioni false e attribuendogli frasi non dette, anche sui cittadini colpiti dal sisma, ottenendo così, in modo scorretto, le volute reazioni negative dei cittadini”. Chi non perde occasione per mettere in pratica il banale esercizio dello schierarsi a favore o contro l’accoglienza dei profughi si è scagliato contro il primo cittadino ‘reo’ di avere dichiarato “la disponibilità ad accogliere nuovi profughi sul territorio dei quattro comuni dell’Unione, in numero molto contenuto (una decina in tutto) e a condizione di precise progettualità a loro riservate…”. Il testo del comunicato stampa continua ma l’esercizio della lettura, non altrettanto banale, è troppo faticoso per chi preferisce fermarsi ai titoli e alla dichiarazione d’intenti: a favore o contro l’accoglienza dei profughi. Parole. Allo stato dei fatti le migrazioni non si fermeranno perché “nella società globale tutto si muove a cominciare da interi popoli. Dalla fame e dalla schiavitù, gli individui, le famiglie e popoli interi vanno verso il benessere. Durerà almeno cinquant’anni questo fenomeno e nessuno potrà fermarlo” (Repubblica, domenica 10 gennaio). E l’Europa? Fa a pezzi il Trattato di Schengen e ogni Paese va per la sua strada: c’è chi ha eretto muraglie di filo spinato e chi ha schierato l’esercito a presidiare le frontiere. Si tratta di un vero e proprio fallimento dal punto di vista politico nel momento in cui più urgente sarebbe stata la costruzione di una politica comune. Perché “in Occidente il rifugiato o l’immigrato potrà salvare il suo corpo ma non patteggerà – scrive lo scrittore algerino Kamel Daoud – altrettanto facilmente la propria cultura, e di ciò ci dimentichiamo con sdegno. La cultura è ciò che gli resta di fronte a sradicamento e traumi provocati in lui dalla nuova terra. Le adozioni collettive peccano di ingenuità, limitandosi a risolvere i problemi burocratici e si esplicano attraverso la carità. Il rifugiato è dunque un selvaggio? No. E’ semplicemente diverso e munirlo di pezzi di carta e offrirgli un giaciglio non può bastare: occorre dare asilo al corpo e convincere l’animo a cambiare… I rifugiati non possono essere ridotti a una minoranza delinquenziale. Ciò ci pone di fronte al problema dei valori da condividere, imporre, difendere e far capire. Ciò pone il problema del dopo accoglienza: una responsabilità di cui dobbiamo farci carico”. L’argomento non si esaurisce e le barricate tra chi è a favore e chi è contro l’accoglienza paiono superate. Per quel che riguarda Carpi, si rimanda all’editoriale del 31 luglio scorso. L’avevamo già scritto, prima del sindaco Bellelli.
Sara Gelli