Tutto tace. Complice anche la campagna elettorale, regna da mesi il silenzio sul futuro di Aimag dopo cinque anni di polemiche e schermaglie. Le uniche manovre realizzate riguardano l’assetto della multiutility: la presidente di Aimag, Monica Borghi, insieme al Consiglio di Amministrazione dopo l’insediamento nel 2016, ha proceduto, in un percorso condiviso con i Comuni soci nel Patto di Sindacato, nel settembre del 2017, alla rimozione di Andrea Dondi dall’incarico di direttore generale dell’azienda per affidare poi, nel febbraio 2018, il nuovo ruolo di Operations Manager a Davide De Battisti, dirigente del Settore Idrico.
L’assenza della figura del direttore generale, che comporterebbe un indebolimento dell’azienda, è stata compensata dal Consiglio di Amministrazione che ne ha avocato a sé i poteri “svolgendo un forte ruolo nella gestione aziendale per quanto attiene tutte le attività” lasciando a De Battisti il coordinamento delle attività operative aziendali.
Manovre che, associate al progressivo disinteresse di Hera, supportano la lettura di chi profila una gestione tutta pubblica di Aimag rievocando l’ipotesi di una gestione in house. Nel mezzo c’è stato il referendum del 10 settembre scorso che non ha raggiunto il quorum ma in cui i carpigiani che hanno votato si sono espressi contro operazioni di incorporazione o fusione. Che cosa sta succedendo in Aimag? “Se le ipotesi avanzate hanno un fondamento, siamo alle solite e si continua a giocare a carte coperte senza considerare l’attaccamento che i carpigiani hanno dimostrato verso l’azienda in occasione del referendum e la capacità di schierarsi su questioni non semplici, drizzando le antenne” afferma Roberto Galantini del Comitato per l’acqua pubblica, promotore del referendum. Condivide le perplessità rispetto alla rimozione della figura del direttore generale anche in considerazione del fatto che sulla professionalità del management di Aimag sia basata gran parte del successo conseguito dall’azienda. “L’inizio dei lavori per la realizzazione delle nuove tubazioni dell’acquedotto e il modo in cui si è affrontata questa spinosa questione sono la dimostrazione delle capacità tecniche del gruppo dirigenziale”. Per Galantini è fondamentale che “la politica faccia la sua parte individuando strategie e obiettivi ma lasci a tecnici competenti la gestione dell’operatività aziendale. Ci sono troppi esempi in Italia di aziende in cui la politica è andata oltre alla funzione di controllo che le spetta, producendo disastri”. Rispetto alle ipotesi di una gestione tutta pubblica in house di Aimag e alla possibilità della cessione dei servizi luce e gas a Hera, Galantini stoppa subito ogni ragionamento esprimendo una personale preoccupazione: “ritengo incomprensibile l’urgenza di sconvolgere l’assetto di Aimag per aderire alla legge Madia, una legge fatta da una classe politica bocciata dalle recenti elezioni, in uno scenario in cui tutto potrebbe cambiare (compresa forse la permanenza di questa stessa legge). Mi chiedo perché amministrazioni che si avviano verso la loro naturale scadenza debbano avere questa fretta di cambiare le carte in tavola”.
Detto questo, “abbiamo sempre apprezzato il modello in house perchè è quello in cui un’azienda risponde al territorio dove opera e ne esistono innumerevoli esempi virtuosi. Ma non si tratta di un feticcio da adorare. Non è l’unico sistema con cui noi del Comitato pensiamo che possa essere gestita Aimag, ma soprattutto rigettiamo del tutto l’idea che ciò possa diventare il pretesto attraverso il quale cedere il gas di Sinergas a Hera”.
Sara Gelli