Dal Messico al Brasile, sognando un locale tutto mio

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Ha intrapreso un viaggio in America Latina per studiare le specialità enogastronomiche del continente, dopo aver lavorato come manager in un prestigioso cocktail bar di Londra. Dal Messico al Brasile passando per l’Argentina e il Cile, il sogno di Alessandro Malavasi, 28 enne di Carpi, è quello di perfezionare la sua conoscenza in fatto di bevande e cibo e aprire un locale tutto suo in Italia. Dietro al banconea dell’Officina di via Bellentanina, l’ex locale di Mimma Flagiello, Alessandro mosse i primi passi nella professione di barista prima di decidere di spiccare il volo all’estero.

La gavetta a Londra, dove iniziò come lavapiatti in un ristorante italiano per poi diventare bartender di un noto club del quartiere Soho, il trasferimento a Ibiza e il lavoro nella meravigliosa riserva naturale di Salinas e, infine, il ritorno a Londra per ricoprire il ruolo di general manager in un altro noto locale della capitale londinese.

Perché hai scelto di partire per l’America Latina e di cosa ti stai occupando?

“Questo è un viaggio di approfondimento della mia professione, una sorta di master pratico e itinerante. Sinora ho visitato Messico, Costa Rica, Colombia, Perù. Bolivia, Cile e Argentina. Mi mancano Uruguay e Brasile dove terminerò la mia avventura. Sono partito da Guadalajara, nelle vicinanza di Tequila, dove ho visitato le migliori distillerie in cui si produce appunto tequila. In seguito, mi sono spostato a Oxaca per vedere dal vivo le distillerie di mezcal, un’acquavite ottenuta dalla fermentazione del succo d’agave come la tequila, ma con caratteristiche produttive più antiche e meno industrializzate. In Colombia ho imparato molto riguardo alla produzione e alla torrefazione del caffè. In Perù e Cile ho visitato i vigneti e le cantine dove si produce il Pisco, un particolare distillato d’uva per il quale ancora c’è contesa tra i due Stati sul primato di averlo inventato. Attualmente mi trovo nella città argentina di Mendoza, dove si produce l’80% del vino nazionale, ho visitato altri vigneti e appreso le tecniche di preparazione del mate, un infuso simile al tè molto popolare in Sud America, realizzato con le foglie di erba Mate. In Brasile, invece, mi recherò nelle aziende che producono il cachaça, un’acquavite ottenuta dalla distillazione del succo di canna da zucchero.Trovo molto interessante scoprire come dalla natura si possano ottenere bevande e miscele straordinarie con l’intervento della mano dell’uomo e l’ausilio delle nuove tecnologie che permettono di ottenere sfumature di gusto, odore e aroma sempre diversi. Inoltre sto visitando bar, ristoranti e mercati sia storici e tradizionali che di tendenza per attingere nuovi spunti e idee”.

Nuove idee, a quale scopo?

“Per aprire un mio locale in Italia che sia una fusione di tutte le conoscenze e competenze che ho acquisito sinora, un mix di innovazione e contaminazione delle varie tradizioni locali che ho appreso nei Paesi dove ho vissuto. Per me il cocktail è una forma di espressione, un mezzo per evocare una sensazione, un ricordo. Ideare e realizzare un cocktail potrebbe sembrare semplice a chi non è del mestiere, ma in realtà un bartender impiega ore di studio, ricerca e sperimentazione per trovare la formula perfetta. Credo inoltre che un bravo bartender debba sempre mirare alla qualità dei prodotti e diffondere l’attenzione a questo aspetto. Oggi si presta fortunatamente molta più attenzione alla provenienza dei prodotti per quanto riguarda il cibo e vorrei si facesse lo stesso anche per le bevande, alcoliche e analcoliche. Il mio locale mi rappresenterà al 100%, sarà il compendio di ciò che ho vissuto e di ciò che ancora desidero fare”.

Chiara Sorrentino

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