Anziani maltrattati, al Quadrifoglio anche controlli notturni per prevenire gli abusi

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Ciò che è successo nel Centro Residenza Anziani a Correggio rappresenta un incubo per tutti coloro che sono anziani e si immedesimano nei pazienti della struttura e per tutti i familiari che affidano alle cure di una struttura residenziale un proprio caro.
Percosse, insulti, anziani lasciati sporchi per diverse ore: episodi terribili che pongono interrogativi su cosa si fa, nelle nostre strutture a Carpi e nel resto dell’Unione, per evitare che si verifichino situazioni così gravi.
Come nel caso di Correggio (struttura comunale gestita da soggetto privato), la Casa Residenza Il Quadrifoglio, che si affaccia sul piazzale dell’ospedale, è una struttura comunale gestita da Domus Assistenza. Attendono il mio arrivo Giovanni Mingrone di Domus Assistenza, coordinatore della struttura, Alessandra Cavazzoni, direttore di Asp Terre d’Argine e Daniela Depietri, assessore comunale.
“Prima di tutto occorre poter disporre di professionalità che conoscono le criticità e quindi in grado di monitorare il servizio. In caso contrario le amministrazioni pubbliche sono già più in difficoltà”, è la loro prima considerazione. E rispetto al contesto di Correggio, Carpi e tutta l’Unione delle Terre d’Argine possono contare sulla collaborazione di Asp, Azienda Servizi alla Persona, a cui è affidata la subcommittenza, e che gestisce quindi i servizi accreditati e non accreditati. Cosa significa in pratica? Che il Comune di Carpi, così come quello di Soliera, Campogalliano e Novi, ha un alleato in più e, oltre alle proprie forze, mette in campo quelle di Asp nella gestione e nei controlli.
Che cosa fate per evitare che si verifichino situazioni così gravi?
“Qui chiunque può entrare quando vuole, qualsiasi cittadino, familiare o volontario, può fare come ha fatto lei adesso: premere il pulsante del cancello, raggiungere l’ingresso della struttura, presentarsi e accedere ai locali”. Per Giovanni Mingrone, coordinatore della struttura Quadrifoglio, l’accesso libero costituisce di per sé una garanzia: i familiari, liberi di fare visita in struttura al loro caro quando vogliono, così come i quaranta volontari che fanno servizio, sono di grande aiuto e “le loro segnalazioni valgono più di qualsiasi telecamera”.
L’organizzazione del lavoro prevede poi che ci sia una turnazione continua in modo da cambiare gli orari e rigenerare le coppie in servizio nei diversi turni. Ai familiari viene sottoposto un questionario per sondare il loro gradimento mentre agli operatori viene chiesto di completare un questionario per verificare lo stress correlato al lavoro”.
La sindrome da burnout può giustificare ciò che è accaduto a Correggio?
Per quel che riguarda lo stress da lavoro specifico di queste professioni, viene messa in campo una supervisione, a livello personale e di gruppo: “c’è uno psicologo che periodicamente lavora con gli operatori e ogni nucleo, cioè un gruppo contenuto di operatori, incontra lo psicologo nell’ambito di sedute di due ore, almeno sei volte all’anno, per parlare del proprio lavoro partendo, per esempio, dal caso clinico particolarmente difficile appena entrato in struttura. La sindrome da burnout non va assolutamente sottovalutata”. Individuarne eventuali segnali spetta al coordinatore della struttura, coadiuvato dai tre Raa, Responsabili attività assistenziali, che supervisionano i nuclei. “La cooperativa, in questo caso la Domus, deve fare di tutto per mantenere un legame fortissimo coi propri dipendenti” aggiunge Cavazzoni. “ La Domus sostiene i suoi coordinatori con incontri mensili di formazione, informazione e supporto nella gestione”, aggiunge Mingrone.
I lividi possono rappresentare un segnale d’allarme?
Negli anziani è frequente la comparsa di lividi in considerazione della fragilità fisica connaturata alla vecchiaia ma “nelle nostre strutture – spiega Alessandra Cavazzoni di Asp – il sistema informatizzato consente un monitoraggio costante di tutto ciò che avviene: la cartella del singolo paziente riporta ogni dettaglio che lo riguarda e viene condivisa da tutti coloro che lo hanno in carico: medici, pazienti e operatori. Se compare un livido, nella cartella condivisa l’operatore di turno deve indicare data, orario e motivo della sua comparsa per darne spiegazione a chi legge le consegne al mattino e cerca un riscontro preciso. La consegna sulla cartella è un elemento importantissimo e non si cancella”.
Vengono fatti controlli?
Domus, Comune e Asp dispongono controlli, “naturalmente senza preavviso e soprattutto di notte” precisa Mingrone. A questi si aggiungono i controlli di Nas, Ausl e Otap.
Le telecamere possono essere utili?
Una volta vinte le resistenze dei sindacati e superati i problemi di privacy, “le telecamere possono essere utili ma il loro uso non garantisce, al cento per cento, che certi episodi non avvengano. Sono presenti, da anni alla Tenente Marchi, dove sono d’ausilio agli operatori ma, in un contesto di risorse limitate, per migliorare la qualità dell’assistenza è meglio avere un Oss (operatore socio-sanitario) in più, piuttosto che una telecamera. Occorre inoltre puntare maggiormente sulla formazione continua: già dal principio, oltre alle nozioni di carattere socio-sanitario, chi frequenta i corsi deve sapere a cosa andrà incontro” afferma Cavazzoni.
Il rispetto dei protocolli stabiliti dalla Regione può contribuire a determinare situazioni di disagio?
I protocolli regionali individuano standard di funzionamento, organici e oneri e sono funzionali all’organizzazione dell’assistenza in Emilia Romagna e alla gestione delle risorse ma si basano su un case mix senza entrare nel merito dell’organizzazione delle singole strutture. “La Regione destina 4 milioni e 554mila euro alle residenze dell’Unione Terre d’Argine, che a sua volta contribuisce aggiungendo il 10% extra standard” precisa l’assessore Daniela Depietri. Cosa significa? “Sono risorse che si aggiungono e si traducono in ore, cioè in operatori in più a disposizione per garantire standard qualitativi più elevati agli ospiti. D’altro lato, i lavoratori si sentono più tutelati in una struttura in cui possono disporre di un solleva pazienti, di una bilancia per chi è in carrozzina, di tutti quei dispositivi in grado di alleviare le fatiche e il mal di schiena che possono diventare di tale intensità da determinare una condizione di avvilimento. Per far star bene l’anziano occorre far star bene il personale”.
Sara Gelli