Chi vuole riprendere in mano la propria vita è uno di noi!

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“Entourage è una parola in codice – sorride il portavoce David Savini – che indica qualcuno dei nostri, sì, insomma, una persona del giro della salute mentale. L’abbiamo coniata io e un amico per poter continuare a chiacchierare come se nulla fosse quando siamo nei luoghi pubblici: sussurrare è maleducazione, no?”.
Ed è proprio con la stessa ironia e intraprendenza che David ha deciso di raccogliere intorno a sé un gruppo di persone per “aiutarsi vicendevolmente, unire le forze e fare squadra, soprattutto nei momenti difficili”. I ragazzi e le ragazze di Entourage, (- ndr il nome non poteva essere più calzante) una decina circa, hanno dovuto – o devono tuttora – fare i conti con un disturbo psichiatrico. “Il prossimo passo – spiegano David e Nico Palmieri – è quello di fondare un’associazione e di trovare uno spazio in cui dar vita a numerose attività. Il nostro obiettivo, infatti, è quello di fare gruppo per migliorarci a vicenda. Sostenerci. Compensare ciascuno i limiti dell’altro. Vorremmo anche mettere in luce i nostri talenti, potenzialità e competenze attraverso laboratori creativi, di design artigianale o di recupero di materiali… Oggetti che potrebbero poi essere venduti per finanziarci. Abbiamo tante idee in cantiere ma, soprattutto, desideriamo ritagliarci dei significativi margini di autonomia per affrancarci un poco dalle nostre famiglie e trovare così una maggiore indipendenza. Molti di noi hanno avuto a che fare col disturbo psichiatrico e sociale, direttamente o indirettamente, ma siamo disposti ad aiutarci, come gli alpinisti in cordata, così da colmare le lacune di ciascuno con le risorse dell’altro. La nostra è una sorta di grande famiglia allargata nella quale albergano fiducia e comprensione”. Anche i momenti bui, insieme, possono diventare un po’ più lievi: “attraverso il confronto con l’esperienza altrui, molti dubbi e paure si dissipano. Insieme siamo migliori. Più forti”, prosegue David Savini. “Ogni tanto, quando ci troviamo in un bar o in un locale per scambiare quattro chiacchiere, qualcuno ci chiede se siamo arrivati col pulmino… avere a disposizione uno spazio tutto nostro sarebbe davvero fondamentale per sentirci a nostro agio e per dar gambe ai progetti che via via stiamo mettendo in cantiere”. Insomma un luogo in cui dare sfogo alla “creatività e non al nostro disagio, per sdoganare il disagio psicosociale e tessere relazioni interpersonali significative. Sapere che al nostro fianco c’è qualcuno pronto ad allungare la mano quando scivoliamo, accresce la fiducia nel mondo, nelle cure e favorisce l’autonomia. Non possiamo restare chiusi nelle nostre case per sempre.
Desiderare qualcosa in più è legittimo”. Ora, l’obiettivo dei ragazzi e delle ragazze di Entourage è quello di trovare una sede, “una sala polifunzionale in cui organizzare le nostre attività” ma, il sogno, per il futuro, è quello di dar vita a una piccola comunità, a un progetto di cohousing magari immerso nel verde: “vivere insieme per sperimentare un’esperienza comune di autosufficienza, dove ciascuno può essere la spalla dell’altro. Il disagio di cui soffriamo, piccolo o grande che sia, non ci definisce. Per uscire dall’immobilità e sentirci meglio però, – conclude David – dobbiamo prendere il coraggio a due mani e uscire dalla nostra zona di confort. Chiunque senta il desiderio di mettersi alla prova, per riprendere in mano la propria vita  è uno di noi e sarà il benvenuto”.
(Chi volesse conoscere meglio il progetto e dare una mano può scrivere a savinidesign@gmail.com).
Jessica Bianchi