Nel nostro Paese gli aborti continuano a diminuire mentre, a crescere in modo esponenziale (+17,3% in 30 anni) è il numero dei medici obiettori. In alcune realtà del nostro Paese, lo squilibrio tra medici obiettori e non, a favore dei primi, è tale da introdurre forti criticità, compromettendo il diritto di scelta delle donne sancito dallo stesso legislatore (legge 194 del 1978). Secondo il Comitato Europeo per i diritti sociali, l'obiezione di coscienza, che in Italia raggiunge il 70% di media con punte del 90% nei singoli ospedali, mette a repentaglio la vita della donna e viola il diritto alla salute e all'accesso a cure terapeutiche previsto e garantito dalla Costituzione italiana.
E a Carpi, qual è la situazione? Il principio dell’obiezione di coscienza "sorpassa” forse quello dei diritti?
Lo scorso anno, in città, sono state praticate 139 interruzioni volontarie di gravidanza (erano 176 nel 2016). Ad abortire non solo carpigiane, ma anche donne provenienti da altri distretti sanitari e province (le donne che ricorrono maggiormente alla pratica abortiva sono quelle provenienti dai Paesi dell’Est Europa). Nel Reparto di Ostetricia e Ginecologia dell'Ospedale di Carpi, struttura pubblica che deve garantire il percorso relativo all'applicazione della Legge 194, gli obiettori sono 9 a fronte di un totale di 15 medici. In città l'autodeterminazione delle donne è salvaguardata: un diritto sacrosanto che, nel nostro Paese, a 40 anni dall’introduzione della legge 194, è ancora, talvolta, compromesso. Qualcosa infatti sta paurosamente scricchiolando.
“Le derive cui stiamo assistendo – ha sottolineato Giorgio Bolognesi, esponente di LeU Terredargine, partito che oggi, venerdì 27 luglio, ha organizzato un incontro in città con il medico ginecologo Emilio Arisi – a partire dalla volontà della Lega che siede in Consiglio Comunale a Verona di approvare delle mozioni per ostacolare l’applicazione della 194 ci preoccupa fortemente. Nessun passo indietro rispetto a quanto stabilito dal nostro sistema legislativo dev’essere fatto”. A destare l’attenzione del dottor Arisi anche il caso della donna ghanese che, nelle scorse settimane ha assunto spontaneamente un farmaco comunemente impiegato per l’aborto medico in ospedale. “In questo territorio non si rilevano situazioni di criticità ma, in questo caso, qualcosa è sfuggito. I sensori della società non hanno funzionato a dovere, non riuscendo a intercettare questa donna, peraltro maltrattata dal marito. Perché non si è recata in ospedale? Gli aborti clandestini nel nostro Paese si aggirano tra i 10 e i 13mila casi all’anno, perché queste donne non scelgono la via più sicura? Forse per mettere tutto a tacere? Per sfuggire alla vergogna o allo stigma?”. Interrogativi che, secondo il dottor Arisi tutti noi dovremmo porci. “L’aborto volontario in Italia è in netta e progressiva riduzione presumibilmente per una serie di ragioni culturali e sanitarie. Dietro alle interruzioni volontarie di gravidanza, spesso, oggi, vi sono situazioni famigliari e sociali drammatiche: occorre dunque lavorare – conclude il medico – per offrire un’informazione capace di salvaguardare la salute sessuale e riproduttiva, ma anche la vita, delle donne dei gruppi a rischio o fragili. Un impegno che dev’essere raccolto e affrontato dalle istituzioni e dai singoli, ciascuno per le loro competenze”. Una sollecitazione a cui l’assessore alle Politiche Sociali del Comune di Carpi, Daniela Depietri, non si è sottratta: “i Servizi sociali da anni lavorano in rete con il Consultorio e le associazioni femminili per comprendere cosa spinge le donne ad abortire o, al contrario, a portare avanti la gravidanza. Uno scambio di informazioni proficuo che ci consente di adottare strategie di aiuto e sostegno. Abbiamo messo a punto un volantino informativo tradotto in varie lingue, abbiamo chiesto ai medici ginecologi di concedere più tempo e maggiore ascolto a coloro che esprimono la volontà di interrompere la loro gravidanza. Il ruolo delle istituzioni è fondamentale ma l’autodeterminazione delle donne, così come il loro vissuto e le loro esperienze, giocano un ruolo importante in una decisione legittima e privata”.
Jessica Bianchi