Quando a essere vittima della violenza sono le professioniste che difendono gli uomini

Ha subito minacce e atti di vandalismo al suo studio a scopo intimidatorio ma questa professionista carpigiana non ha alcuna intenzione di venir meno al suo mandato. Da anni, nella sua veste di avvocato, si batte per difendere i diritti di chi, a vario titolo, subisce maltrattamenti. Donne, uomini e bambini, perchè la violenza, sottolinea, “non ha colore né genere”. Parlare di violenza oggi, anche a fronte dell’avvicinarsi della Giornata internazionale internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre, esige una riflessione seria e non più rimandabile: “il nostro Paese è interessato da nuove forme di violenza che potremmo definire culturali. Dobbiamo infatti fare i conti con uomini figli di società patriarcali e maschiliste secondo cui la donna è una sorta di proprietà e in quanto tale deve restare sottomessa e con un universo femminile per il quale gli uomini devono assicurare alla compagna un mantenimento totale e un alto tenore di vita. Un’agiatezza che, nel momento in cui viene a mancare, può scatenare comportamenti persecutori attuati nella piena consapevolezza di poter contare su strutture manichee che tutelano le donne a prescindere”.

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Foto generata da AI

Ha subito minacce e atti di vandalismo al suo studio a scopo intimidatorio ma questa professionista carpigiana non ha alcuna intenzione di venir meno al suo mandato. Da anni, nella sua veste di avvocato, si batte per difendere i diritti di chi, a vario titolo, subisce maltrattamenti. Donne, uomini e bambini, perchè la violenza, sottolinea, “non ha colore né genere”. Parlare di violenza oggi, anche a fronte dell’avvicinarsi della Giornata internazionale internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre, esige una riflessione seria e non più rimandabile: “il nostro Paese è interessato da nuove forme di violenza che potremmo definire culturali. Dobbiamo infatti fare i conti con uomini figli di società patriarcali e maschiliste secondo cui la donna è una sorta di proprietà e in quanto tale deve restare sottomessa e con un universo femminile per il quale gli uomini devono assicurare alla compagna un mantenimento totale e un alto tenore di vita. Un’agiatezza che, nel momento in cui viene a mancare, può scatenare comportamenti persecutori attuati nella piena consapevolezza di poter contare su strutture manichee che tutelano le donne a prescindere”.

Il multiculturalismo impone un cambio di passo ecco perché, prosegue l’avvocato, “auspico alla nascita di un centro anti violenza che non si rivolga a un solo genere. Oggi un uomo che subisce vessazioni psicologiche, ricatti e minacce a chi si può rivolgere? Non c’è alcun interlocutore per lui. Pochi sono disposti a credergli e a fornirgli gli strumenti per affrontare il problema. Ho difeso uomini a cui le compagne impedivano di vedere i figli per strappare migliori condizioni in fase di separazione, atteggiamenti su cui spesso anche i Servizi Sociali sono accondiscendenti. Altri rischiare di finire sul lastrico per mantenere il tenore di vita delle proprie ex… uomini disperati vicino a donne manipolatorie giunte al punto di provocarsi lesioni per far scattare il Codice Rosso, strumentalizzandolo per incastrarli”.

Il meccanismo del provvedimento legislativo infatti ha immediate ripercussioni anche in sede civile le quali possono essere utilizzate in modo proficuo in sede di separazioni particolarmente conflittuali soprattutto per quanto riguarda i minori e i mantenimenti di carattere economico. Ci sono mariti che al termine del procedimento penale sono assolti con formula piena ma che nel frattempo si ritrovano in sede civile con le spalle al muro, privati dei loro figli per anni, privando i figli stessi del genitore.

Un provvedimento, quello di Codice Rosso, che, pur rappresentando un importante passo avanti, grazie all’introduzione di nuove fattispecie di reato e inasprendo le pene di altri, presenta numerose ombre e criticità. Lacune riconducibili alla difficoltà di discolparsi in tempi ragionevoli e alla preparazione non omogenea e specializzata di tutti gli operatori del diritto, dalle Forze dell’ordine agli avvocati, ai magistrati, spesso ad esempio non in grado di riconoscere i casi di violenza psicologica, la più diffusa e meno denunciata.

“Denunce – aggiunge l’avvocato – che vengono raccolte da poliziotti o carabinieri e inviate in Procura senza distinzione. La mera applicazione di un protocollo standard a cui non si accompagna alcuna  possibilità di discernimento; competenza che potrebbe essere acquisita se solo vi fosse una maggiore formazione per gli operatori. I casi non sono tutti uguali: non è sempre la donna a essere oggetto di violenza. Non esistono gli assoluti. Il bianco e il nero. Oggi invece assistito spesso, anche in ambito giudiziario, a un vero e proprio pregiudizio di genere, a vantaggio delle donne”.

E le donne, le professioniste, che levano la propria voce per dire chiaro e tondo che non esiste una verità assoluta nè, tantomeno, un’unica visione, e che la violenza è esecrabile a prescindere da chi la subisce e che anche le donne sanno essere maltrattanti, diventano a loro volta vittime di un sistema ingessato e a senso unico. Un sistema sinora incapace di stare al passo coi tempi, di recepire i cambiamenti di una società mutata. Complessa, sfaccettata e problematica. Una “comunità” sempre più scollata dove la violenza ha mutato forma. Dove a un’avvocata, per usare un termine in voga, che oltre alle donne difende anche gli uomini e i figli, viene spaccata una vetrina durante l’orario di ufficio, mentre lei è dentro lo studio a fare il proprio lavoro, per spaventarla. Fermarla. Zittirla. Una donna che non ha ricevuto alcun gesto di vicinanza e solidarietà. E se non è violenza questa.

Jessica Bianchi

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