Li chiamano eventi eccezionali ma, purtroppo, a quanto pare stanno diventando una amara “normalità” con cui fare i conti. La Romagna in poco più di un anno è stata colpita da due alluvioni che l’hanno messa letteralmente in ginocchio. Fiumi esondati, migliaia di persone evacuate, case e strade crollate… “Di fronte a eventi del genere – afferma il geologo Paride Antolini, Presidente dell’Ordine dei Geologi dell’Emilia Romagna – c’è poco da fare, non bastano le casse di espansione, non basta abbassare le golene e adeguare le sezioni, occorre dare spazio all’acqua senza se e senza ma”.
Come è possibile dare spazio ai fiumi per affrontare i problemi legati agli eventi alluvionali in zone fortemente antropizzate?
“Nei cosiddetti fondovalle, ovvero zone di pianura in prossimità del fiume, – prosegue Antolini – spesso vi è la presenza di edificazioni. Nel caso in cui siano case singole o strutture di scarso valore è necessario delocalizzarle per potervi far confluire l’acqua in caso di piene. Quando ci si avvicina alle città invece, pur essendo difficile trovare degli spazi da allargare, occorre realizzare bacini di laminazione per guadagnare qualche metro. Si potrebbero inoltre prevedere degli incentivi per gli agricoltori affinché mettano a disposizione delle superfici agricole potenzialmente allegabili”.
La pulizia di fiumi e fossi non è dunque un’operazione sufficiente, seppur necessaria….
“Vi è un folto gruppo di pensiero che invoca come un mantra la pulizia dei fiumi e dei fossi come se tali operazioni fossero sufficienti per affrontare il problema: con queste precipitazioni sono paragonabili alle cure omeopatiche ma, a fronte di una malattia grave, occorre usare le maniere forti per così dire. La manutenzione è utile ma si deve agire su altri fronti. Servono interventi energici e coraggiosi. Fare casse di espansione non è semplice, servono delle zone adatte e i costi di gestione sono tutt’altro che indifferenti. Laddove è possibile è necessario spostare gli argini per dare ulteriore spazio ai fiumi. Ci sono case poste a piede dell’argine, toglierle ha un costo ma dobbiamo mettere in sicurezza beni e persone per limitare i danni e tutelare gli investimenti economici. Serve il coraggio di fare azioni drastiche sul territorio, le polemiche non portano a nulla”.
In campagna spariscono i fossati e in città si tombano i canali, azioni poco lungimiranti.
“Se guardiamo le fotografie di un tempo del nostro territorio a colpirci sarebbe la ricca rete di fossi e sgoline che caratterizzavano le campagne. Ora, al contrario, sono pochissimi i fossati che le solcano. E’ stato calcolato che la capacità totale di trattenuta dell’acqua nei fossi in un territorio è sostanzialmente pari alla costruzione di una cassa di espansione. Nel tempo abbiamo di fatto eliminato numerose casse. Il discorso vale anche per le città: si ricavano bellissime piste ciclabili tombando i canali. Canali che, in caso di piogge copiose, sarebbero in grado di gestire meglio la raccolta dell’acqua”.
Jessica Bianchi