L’innovazione è una disubbidienza: rompe schemi mentali per trarne frutto

“L’innovazione è una disubbidienza che genera valore” è il nuovo libro del carpigiano Gianni Previdi rivolto, in particolare, ad aziende, imprenditori e manager: “ripetersi in modo autoreferenziale, in un mondo che è ormai tramontato, determina una passività che costringerà l’azienda a subire i cambiamenti di cui non potrà essere partecipe e protagonista. Il mio mestiere di innovatore è quello di aiutare le imprese a leggere e anticipare il futuro non per indovinarlo ma per prepararci a possibili scenari futuri”

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Il libro nasce dall’ attività di consulenza di decenni e suggerisce come leggere il futuro, anticiparlo e mettere a terra le idee che possono nascere. Un esempio?  La creazione in azienda del team per l’innovazione con il compito di gestire il presente e pensare a quali mosse fare perché sia partecipe del futuro. “L’azienda definita ambidestra” spiega Gianni Previdi, autore di L’innovazione è una disubbidienza che genera valore (goWare) “è capace di essere efficiente nella gestione del business di oggi e contemporaneamente adattabile per far fronte alle mutevoli esigenze di domani. Serve molta immaginazione e capacità creativa: nella pagina del libro c’è un qrcode che rimanda al Diario delle idee che si può scaricare gratuitamente. E’ stato realizzato con il contributo del direttore d’orchestra Giorgio Fabbri che ha composto i brani musicali, e permette di stimolare pagina per pagina l’immaginazione. Nella terza parte del libro c’è un altro qrcode che rimanda a un canale youtube: contiene le interviste a imprenditori e innovatori italiani che spiegano come hanno interpretato l’innovazione nel loro campo di attività.

A chi si rivolge?

“Mi rivolgo alle aziende, agli imprenditori e ai manager. In questa fase di complessità e assoluta incertezza, al di là del drammatico scenario geopolitico, invece di tentennare, è il momento di iniziare a pensare di fare la mossa strategica mettendo in campo innovazioni che io chiamo a somma positiva per il business, per la società e anche per il pianeta perché c’è questa sensibilità. Senza distruggere ciò che già c’è e funziona, senza cedere al mood del momento disrupt or die, ma sbloccando ciò che c’è e nessuno vede, valorizzandolo. E’ il momento per concepire prodotti e servizi che possano intercettare i trend del futuro. Per fare questo occorre il coraggio di disubbidire perché le regole del gioco, che prima funzionavano, oggi non funzionano più. Si tratta di rompere gli schemi osservando le dinamiche dei mercati e i comportamenti d’acquisto dei clienti nel loro più ampio agire: leggere la mente sociale del cliente, oltre il solo momento di acquisto di un prodotto o di un servizio, c’è tanto prima e tanto dopo su cui generare valore”.

Disobbedienza di quali regole?

“Disubbidienza delle regole con cui abbiamo sempre interpretato le dinamiche di mercato. E’ evidente che oggi le tecnologie che io definisco esponenziali creano delle perturbazioni e dei punti di rottura invocando una nuova consapevolezza nell’uso di queste tecnologie, nuovi approcci di business, nuovi prodotti sul mercato. Da parte di chi guida le aziende c’è un gap culturale, non tecnologico, e ciò rende difficile implementare processi di innovazione che anticipino il mercato”.

Quanto è difficile cambiare?

“Ripetersi in modo autoreferenziale, in un mondo che è ormai tramontato, determina una passività che costringerà l’azienda a subire i cambiamenti di cui non potrà essere partecipe e protagonista. Il mio mestiere di innovatore è quello di aiutare le imprese a leggere e anticipare il futuro non per indovinarlo ma per prepararci a possibili scenari futuri: nel presente quali sono i segnali deboli e i trend? Quali traiettorie potrebbero determinare nell’immediato futuro? Su quali traiettorie l’azienda può implementare un processo di innovazione su una di queste traiettorie? Si tratta di passare dal pensiero strategico alla pianificazione strategica guardando e anticipando le traiettorie del futuro perché nel presente i giochi sono già fatti”.

Ci sono esempi, anche a Carpi?

“Lo dico provocatoriamente: a Carpi abbiamo tanti titolari d’impresa ma pochi imprenditori, capaci di leggere il futuro e di anticiparlo. Non c’è una cultura imprenditoriale “illuminata” matura e consapevole delle opportunità che ci sono. Non c’è spesso chiarezza di purpose, vision e mission: cosa vuole essere l’azienda tra tre/cinque anni?”

Sara Gelli