Case popolari, il giro di vite sulla residenzialità storica non piace a Fratelli d’Italia

Secondo la Regione i punteggi premiali basati sul requisito della residenzialità storica sarebbero discriminatori e penalizzerebbero criteri di valutazione più rilevanti come il reddito o la gravità del disagio abitativo. Sul ritocco apportato però i consiglieri carpigiani del partito della Meloni hanno deciso di fare una mozione.

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E’ scontro in Regione sul tema delle case popolari: a scaldare gli animi è stata una delibera della Giunta Bonaccini che ha introdotto delle modifiche ai requisiti di accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica (Erp). A creare numerosi malumori, anche tra il Gruppo Fratelli d’Italia di Carpi, è il giro di vite dato al criterio della cosiddetta residenzialità storica: “ai fini della determinazione di punteggi premiali nelle graduatorie ERP  – si legge nell’atto – il requisito di storicità della residenza e dell’attività lavorativa non deve essere ulteriormente valorizzato dai Comuni, i quali non potranno inserirli all’interno dei criteri scelti per le assegnazioni degli alloggi ERP”.

Secondo la Regione i punteggi premiali basati sul requisito della residenzialità storica sarebbero discriminatori e penalizzerebbero criteri di valutazione più rilevanti come il reddito o la gravità del disagio abitativo. Sul ritocco apportato però i consiglieri carpigiani del partito della Meloni hanno deciso di presentare una mozione: “il Regolamento dell’Unione delle Terre d’Argine per l’assegnazione degli alloggi ERP tra le condizioni oggettive per l’attribuzione dei punteggi prevede quello della residenza  – spiega la prima firmataria, Federica Boccaletti – in particolare vengono assegnati: 2 punti ai residenti da 5 anni, 3 ai residenti da 6 a 10 anni, e 5 punti ai residenti da oltre dieci anni. 

Con la proposta della Giunta Regionale, chi risiede in città da anni potrebbe ottenere un punteggio inferiore, ed essere quindi superato in graduatoria, rispetto ad altri che, pur avendo diritto ad accedere all’edilizia residenziale pubblica, vivono in città da meno tempo. La scelta della Regione rappresenta dunque un passo indietro nella garanzia di diritti ed equità sociale. Per questi motivi – conclude Boccaletti – è necessario lasciare ai Comuni la possibilità di valorizzare il requisito della storicità della residenza e dell’attività lavorativa al fine di creare una situazione in cui chi risiede da più tempo veda riconosciuto il proprio radicamento nel territorio, il contributo dato alla città, anche in termini di versamento dei tributi, ricevendo adeguati servizi”. Il Gruppo FdI chiede quindi a sindaco e Giunta di “attivarsi nei confronti della Regione Emilia-Romagna al fine di sollecitare una revisione del provvedimento affinché il principio di residenzialità storica non venga cancellato ma al contrario ribadito e rafforzato”.