Alzi la mano chi conosce le origini della tombola, una delle tradizioni più amate, soprattutto a Natale, da grandi e piccini. “Ciacaròmm un pòo èd tòmmbola”, esordisce il carpigiano Mauro “Dorry” D’Orazi, esperto di storia locale. “La tombola – spiega – nasce a Napoli a causa di un divieto”.
Nel 1734 sul trono di Napoli sedeva Carlo III di Borbone il cui confessore spirituale era il domenicano padre Gregorio Rocco.
Il re vuole legalizzare il lotto cosa che avrebbe portato forti proventi allo Stato, ma nella sua costante battaglia contro i vizi del popolo padre Rocco consiglia a sua maestà di non farlo. Carlo di Borbone accetta il consiglio e giunge al compromesso: il lotto sarà ammesso ma prima di Natale, nel periodo di avvento, non si potrà giocare!
Una decisione che fece storcere il naso a molti fino a quando, il genio creativo napoletano non ebbe la meglio: “si iniziò a creare un lotto domestico realizzando tabellone, cartelle e dei dischetti ricavati da dei rametti su cui scrivere i numeri. I 90 numeri venivano poi inseriti all’interno di un cilindro di juta che somigliava a quello dove si lavorava al tombolo. Ed ecco da dove nasce il nome tombola”, spiega D’Orazi.
Per aggirare il divieto di giocare in occasione delle festività natalizie anziché strillare i numeri, i napoletani cominciarono ad associarvi dei significati corrispondenti. Nasceva così la smorfia napoletana che tutti conosciamo.
Il gioco della tombola si diffonde un po’ ovunque nel nostro Paese e Carpi non fa certo eccezione.
“Nella nostra città, dove la tombolata di Natale è una vera e propria istituzione, quando qualcuno attende con impazienza l’uscita di numeri ritardatari, si possono udire intimazioni accorate: “Scuàasa! Meṡṡda! Ṡmeṡṡda! Miss-cia! al balètti. Scuoti! Mescola! Mischia! Rivolte a chi estrae le ballette coi 90 numeri dall’apposito sacchetto. Si sentono anche queste lamentazioni: “A n gh l ò mìa!”, “Al ne gh è!”– “Gnaanch queschè!”, “Magaari!”… Ma anche urla di vittoria per ambo, tèeren, cinquìina e tòmmbola. Stèer pèr uun… quando manca solo un numero per fare cinquina o tombola”, prosegue Mauro D’Orazi.
La tradizione vuole che l’annuncio del numero estratto venga accompagnato dalla citazione di una delle immagini della antica smorfia, che pur essendo napoletana, trova largo spazio, opportunamente tradotta, anche da noi; sono ammesse anche rime tradizionali e battute scontatissime. Ogni località ha i suoi detti legati a situazioni specifiche, a persone, a luoghi.
“Per Carpi – spiega Mauro D’Orazi – al momento ho trovato solo un terzo dei 90 numeri nel nostro dialetto”. Qualche esempio? s1: caap èd mill, padròun èd nisùun – l’Italia, al sóol; 2 la putèina, la ragasóola; 3 la gaata; 4 al póorch; 5 la maan; 8 la Madònna, asino cotto; 9 i fióo; 10 i fasóo; 11 i pilètt èd Tomeaasi; 14 l imberièegh; 17 la disgraasia, la sfiiga; 22 al surèini, 24 al guerdii, la vigilia èd Nadèel; 25 al Nadèel; 27 al bucalèin; 33 i aan èd nòoster Sgnóor; 50 la gallina canta, 52 la maama; 56 la bliṡghèeda; 57 al góob; 77 al gaambi dal dònni, 80 la bòcca; 86 la butéega; 87 i pióoc’; 88 al cuurvi dal dònni; 89 la vèecia e 90 la paùura.
Giovedì 14 dicembre, a Palazzo Foresti, Mauro D’Orazi, ospite del Lions Club Carpi Alberto Pio, ha tenuto una lectio brevis sulla tombola natalizia e le sue origini. “Ovviamente i proventi dal tòmmboli tirèedi ii andraan in beneficenza”, sorride Mauro.
E allora: Bòuni balètti a tutt!
A cura di Jessica Bianchi