Siamo tutti spiati: l’inchiesta di Milano ha fatto emergere solo la punta dell’iceberg

E’ il rischio dei dispositivi smart che stanno aumentando, spiega il professor Michele Colajanni, esperto di sicurezza informatica.

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Spiavano persone in case, palestre e piscine hackerando le telecamere e rivendevano online foto e filmati a 20 euro. L’inchiesta della Procura di Milano, che ha visto anche un modenese tra gli indagati, ha fatto emergere quella che è solamente la punta dell’iceberg, come conferma il professor Michele Colajanni, direttore del corso in Cybersecurity dell’Università di Modena e Reggio. “Nel caso dell’inchiesta della Procura di Milano le telecamere di videosorveglianza sono state violate perché le password o non esistevano oppure erano standard o banali e chi voleva acquisire queste informazioni poteva farlo facilmente. Non si tratta solo di guardoni ma anche di criminali interessati a controllare la presenza o meno di persone in determinate aziende o punti d’ingresso, non riguardavano infatti solo case private o spogliatoi di palestre”. 

Professore, nelle nostre case siamo circondati da dispositivi di ogni tipo, siamo davvero tutti spiati? 

“Sì, è così, però ci fanno comodo. Tendenzialmente questi dispositivi non hanno alcun sistema di protezione e possono trasformarsi in porte d’accesso per chi cerca qualche informazione su di noi. Tutto è finalizzato ad acquisire dati – continua Colajanni – occorre esserne consapevoli. Questo vale per tutti dispositivi smart che stanno aumentando. E quando dai dispositivi personali arriveremo alle smart city, alle smart road e così via i rischi potrebbero essere ben altri di quelli di essere spiati. Potrebbero diventare oggetti per poter danneggiare le persone e questa è la frontiera che va difesa adesso”.

Giada Chiari

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