In risposta all’articolo “La comunità pachistana vive a Carpi come se fosse nel proprio paese d’origine” (https://temponews.it/2025/10/16/la-comunita-pachistana-vive-a-carpi-come-se-fosse-nel-proprio-paese-dorigine/) interviene a nome della comunità pachistana Hasnain Abbas Bhatti. Questo il suo testo.
Negli ultimi giorni si è parlato molto della comunità pakistana e musulmana di Carpi, con toni che a volte sembrano più orientati a generare paura che a raccontare la realtà. Eppure, chi vive davvero questa città, chi la attraversa ogni giorno nei suoi quartieri, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, sa che la verità è molto più ricca, umana e costruttiva di come spesso viene rappresentata. La comunità pakistana a Carpi non è un corpo estraneo, ma una parte viva e integrante del tessuto cittadino. È composta da famiglie che vivono qui da decenni, da genitori che lavorano duramente ogni giorno, da figli nati e cresciuti in Italia che studiano nelle nostre scuole, sognano di diventare professionisti, imprenditori, infermieri, insegnanti, e che si sentono a tutti gli effetti carpigiani. Persone che contribuiscono concretamente alla crescita della città, pagando le tasse, sostenendo l’economia, partecipando alla vita pubblica e sociale. La presenza dei cittadini di origine straniera , e in particolare di quelli pakistani, è oggi una risorsa essenziale per Carpi. Dalla logistica alla metalmeccanica, dalla ristorazione ai servizi, dall’artigianato all’assistenza, la loro forza lavoro sostiene comparti fondamentali dell’economia locale. Ma il contributo non è solo economico è anche umano, sociale e solidale. Negli anni, la comunità pakistana e musulmana ha mostrato un impegno costante nel volontariato, spesso in silenzio, lontano dai riflettori. Un volontariato fatto di singoli cittadini, ma anche di associazioni islamiche e culturali che hanno imparato a collaborare con le istituzioni e con il territorio. Un impegno che non si limita a “far conoscere la propria cultura”, ma che interviene nell’ordinario, con gesti concreti e quotidiani: aiutare una famiglia in difficoltà con una spesa, raccogliere fondi per sostenere un malato, offrire traduzioni o assistenza a chi non conosce la lingua, o semplicemente essere presenti quando serve una mano.
Durante il periodo più difficile della pandemia, la comunità pakistana di Carpi si è distinta per un gesto che dice tutto: una raccolta fondi interna, spontanea, che ha portato alla donazione di migliaia di euro per l’acquisto di un’ambulanza, poi consegnata alla città e messa al servizio di tutti. Un atto concreto di riconoscenza e appartenenza, nato dal cuore della comunità. E non è stato un caso isolato: già durante il terremoto del 2012, molti membri della comunità si erano mobilitati per aiutare l’amministrazione comunale e la Protezione Civile, fornendo tende, materiali e sostegno logistico nei momenti di emergenza. In quei giorni difficili, nessuno guardava il passaporto dell’altro, c’erano solo persone, unite dallo stesso senso di umanità. Oggi, quel volontariato continua, nelle moschee, nelle associazioni culturali, nei centri islamici e nelle reti di solidarietà. Si raccolgono fondi per le famiglie bisognose, si organizzano iniziative di beneficenza, si partecipa a progetti scolastici, eventi interculturali, attività di quartiere. Un aiuto spesso silenzioso, ma costante e reale, che rende più forte l’intera comunità carpigiana.
È vero: molti cittadini di origine pakistana mantengono vive la lingua, la cultura e le tradizioni del proprio paese. Ma questo non è un segno di chiusura. È un modo per dare a Carpi nuovi colori, nuovi sapori, nuove energie. Preservare le proprie radici non significa non integrarsi, significa arricchire il luogo in cui si vive. Gli italiani nel mondo lo sanno bene. Dagli Stati Uniti all’Australia, da Londra a Toronto, per generazioni hanno costruito le loro “Little Italy”: quartieri pieni di vita, dove si parlava italiano, si pregava e si mangiava come in patria. Non erano enclave di isolamento, ma ponti di cultura e lavoro. Oggi, la comunità pakistana fa lo stesso: porta con sé valori forti di famiglia, ospitalità, solidarietà, educazione, e li intreccia con quelli della città che la ospita.
Sul tema della sicurezza, serve un messaggio chiaro: più sicurezza serve a tutti, non contro qualcuno. Gli stessi cittadini stranieri chiedono più controlli, più presenza dello Stato, più agenti. Perché chi lavora onestamente vuole vivere in tranquillità, proteggere la propria famiglia, garantire un futuro sereno ai propri figli. La sicurezza non è una questione etnica o religiosa, è una questione di legalità, di fiducia e di coesione sociale. Per questo motivo è importante che si rafforzi il Commissariato, che si aumenti il personale delle forze dell’ordine, e che si continui a costruire un dialogo sincero tra istituzioni e comunità. Solo così si può evitare che la paura prenda il posto della conoscenza. A volte si sente dire che “la comunità pakistana vive come nel proprio paese d’origine”.
Ma la verità è che vive portando un pezzo del proprio paese dentro Carpi, contribuendo alla sua crescita culturale, economica e umana. Carpi non è solo una città che accoglie, è una città che cresce grazie alle persone che la scelgono. E questo vale per tutti: per chi è arrivato vent’anni fa e per chi è nato qui, per chi ha un passaporto italiano e per chi ancora lo sogna. Perché la cittadinanza più importante non è quella scritta su un documento, ma quella che si costruisce ogni giorno con i fatti, con il lavoro, con la solidarietà. Carpi ha sempre saputo rialzarsi dopo ogni difficoltà: dopo il terremoto, dopo la pandemia, dopo le crisi economiche.
E ogni volta, lo ha fatto insieme, con l’aiuto di tutti. Oggi, davanti alle sfide dell’integrazione e della sicurezza, serve lo stesso spirito. Non servono muri, servono ponti. La paura nasce da ciò che non si conosce, il rispetto nasce dal dialogo. E quando ci si conosce, ci si riconosce: come cittadini della stessa città.
Per questo dico, con convinzione: la comunità pakistana e musulmana di Carpi non è un problema da gestire. Ha dimostrato nei fatti di essere parte viva e solidale di questa città: con il lavoro, con la fede, con il volontariato, con la generosità. È un pezzo di Carpi, e Carpi è un po’ anche sua. Perché l’Italia vera, quella che lavora, che aiuta e che spera, vive anche qui, nelle moschee, nelle fabbriche, nei negozi, nelle famiglie che ogni giorno scelgono Carpi come la propria casa.
























