Pareva un caso irrisolto, destinato a rimanere chiuso in uno scaffale. Invece si registra una svolta clamorosa nel cold case del delitto di via Lemizzone, nelle campagne correggesi, costato la vita all’anziano Aldo Silingardi nel 2012.
Le nuove indagini si sono concentrate su un’impronta palmare individuata su una gamba del tavolo in legno utilizzata come arma del delitto e che, all’epoca delle prime indagini, non era stata attribuita a nessuno in quanto negativa ai confronti effettuati sui sospettati. Le nuove indagini, svolte con l’ausilio del Reparto Investigazioni Scientifiche di Parma, hanno dapprima chiarito, in maniera certa e definitiva, che l’impronta era stata lasciata da chi aveva utilizzato la gamba del tavolo per percuotere a morte la vittima e poi per giungere ad un’identificazione del presunto autore dell’efferato delitto, nel frattempo fotosegnalato per altre vicende.
Gli specialisti del RIS hanno periodicamente inserito l’impronta in una specifica banca dati denominata A.P.F.I.S – Automated Palmprint & Fingerprint Identification System, provvedendo a compararla con altre a loro inviate e appartenenti a indagati e imputati in altri fatti. Le comparazioni dell’impronta palmare con quasi 70 soggetti, negli anni, avevano sempre dato esito negativo. La svolta, il 10 aprile scorso, a distanza di quasi 13 anni dal fatto. I risultati delle analisi, condotte dai carabinieri del RIS di Parma, hanno consentito di identificare il presunto titolare dell’impronta palmare in un giovane di origini marocchine all’epoca residente a poca distanza dalla casa della vittima.
Secondo la ricostruzione accusatoria, il giovane all’epoca dei fatti 24enne, sarebbe entrato nell’abitazione dell’anziano per derubarlo e reperire del denaro. Vistosi scoperto, dalla vittima, si sarebbe accanito contro di lui, colpendolo brutalmente con vari oggetti rinvenuti nell’appartamento, inseguendolo per la stanza e infierendo anche quando era a terra, per poi allontanarsi con il portafoglio.
Il presunto responsabile è risultato da accertamenti essere persona violenta e spesso in stato di ubriachezza.
Alla luce dei nuovi elementi, la Procura di Reggio Emilia ha richiesto al Tribunale di Reggio Emilia una Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere che veniva negata. Per questi motivi la Procura ha fatto ricorso al provvedimento di diniego del G.I.P. al Tribunale del Riesame di Bologna – Sezione Impugnazioni Cautelari e penali – reiterando la richiesta di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del 37enne. Il Tribunale del Riesame di Bologna, in accoglimento dell’appello della Procura della Repubblica di Reggio Emilia, ha disposto l’applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti dell’indagato, ritenendo la misura richiesta unico strumento idoneo a garantire le esigenze cautelari, considerata la gravità dei fatti, l’effettiva pericolosità sociale dell’indagato e il rischio concreto di fuga. L’esecuzione della misura cautelare è però sospesa sino a che la decisione del Tribunale non sia divenuta definitiva.
























