Nelle Terre d’Argine, come in gran parte d’Italia, l’assistenza domiciliare è la grande assente del sistema sanitario. Eppure, il futuro della cura passa proprio da qui. L’Italia invecchia e aumentano fragilità, cronicità e bisogni di cura. Oggi 29 milioni di italiani convivono con almeno una patologia cronica, quasi 9 milioni di loro sono anziani e 4 milioni di Over 65 non sono autosufficienti. Le previsioni stimano che entro il 2050 1 italiano su 10 sarà anziano e non autonomo. Già ora gli ospedali non riescono a gestire il carico dei malati cronici, è pertanto evidente come, senza un cambio di rotta, il sistema rischia il collasso. La soluzione è nota, almeno sulla carta: portare le cure a casa, dove possibile, ma l’assistenza domiciliare è sottodimensionata e non risponde ai nuovi bisogni di welfare. Il PNRR è chiaro: il 10% degli Over 65 dovrà essere assistito a domicilio entro il 2026 ma i dati dicono altro. L’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) offre oggi in media solo 16 accessi all’anno per paziente, spesso solo prestazioni infermieristiche frammentate. La Presa in Carico Programmata (ADP), affidata ai medici di famiglia, non è sempre attivata, né garantisce continuità assistenziale. E intanto aumentano i ricorsi impropri al Pronto Soccorso e peggiora la qualità della vita delle persone fragili.
IL PESO DELLA BUROCRAZIA E LE OCCASIONI PERSE
Le realtà sociali che vogliono innovare – come la Coop SCAI che realizza alti servizi di welfare territoriale – sono spesso bloccate da una burocrazia pensata per il passato. Le DGR regionali, nate con l’intento di tutelare i fragili, oggi finiscono per impedire sperimentazioni leggere, flessibili e territoriali. Ogni tentativo di avviare un servizio innovativo – come una rete di cura di quartiere, una figura di prossimità o un presidio mobile – si scontra con permessi, regolamenti e limiti autorizzativi inadatti alla complessità del presente. In un territorio come le Terre d’Argine, questo freno è particolarmente evidente: c’è capitale sociale, ci sono volontari, cooperative e istituzioni disponibili ma manca un quadro normativo che dia fiducia e spazio all’innovazione.
RIPENSARE I SERVIZI ALLA PERSONA: LA VERA INNOVAZIONE SOCIALE
L’innovazione non sta (solo) nella tecnologia bensì nella capacità di costruire nuovi modelli di relazione tra persone, famiglie, comunità e servizi. Ecco alcune proposte concrete:
Spazi di comunità integrati, dove salute, socialità e benessere si incontrano in un suolo non sanitario ma assistenziale.
Professionisti della prossimità (custodi, facilitatori, tutor di comunità) a supporto quotidiano delle fragilità.
Tecnologie leggere e inclusive per la gestione condivisa della cura.
Servizi diurni di aggregazione itineranti in territori rurali o decentrati.
Sono modelli già sperimentati in alcune regioni italiane e in Europa. Manca il coraggio di portarli su scala più ampia, adattandoli ai contesti locali.
LE TERRE D’ARGINE COME LABORATORIO DEL CAMBIAMENTO
Territori come il nostro possono diventare laboratori di innovazione sociale ma occorrono:
Una regia pubblica coraggiosa.
Associazioni di categoria che si assumano la responsabilità di guidare il cambiamento.
Un patto tra istituzioni, enti del terzo settore, operatori e cittadini per sperimentare il nuovo, senza paura di fallire.
UNA CHIAMATA ALLA RESPONSABILITÀ COLLETTIVA
Il vero cambiamento nasce quando qualcuno si prende la responsabilità di iniziare un progetto che non ha precedenti. Non possiamo più aspettare che “qualcun altro” lo faccia.
L’assistenza alla persona non è un favore, è un diritto. Innovarla non è un lusso, bensì un dovere.
Per questo proponiamo e confidiamo nella nascita di un Tavolo Territoriale dell’Innovazione Sociale, che unisca le forze vive delle Terre d’Argine per scrivere un nuovo patto di cura, fondato sulla prossimità, la fiducia e l’intelligenza collettiva. Nel frattempo il progetto di Fossoli della creazione di un Centro di aggregazione assistito si arrena in un territorio non pronto all’innovazione dei servizi e si riparte da una progettazione sanitaria che entri nella DGR del 2000. Si cambierà il nome, si annuncerà il nuovo ma alla fine l’innovazione pronta a decollare verrà sostituita dall’ennesima riorganizzazione dell’esistente: diversa la forma, identica la sostanza. Non basta più l’innovazione tecnologica: ciò di cui abbiamo più urgente bisogno oggi sono servizi assistenziali robusti, umani e capillari che mettano al centro le persone.
























