La decisione del Comune di Carpi di vietare la vendita di capi d’abbigliamento usati nei mercati settimanali del giovedì e del sabato rappresenta, secondo la Federazione di Modena di Rifondazione Comunista, “un grave passo indietro sul piano sociale, ambientale e dei diritti. Un provvedimento che pare andare in direzione contraria rispetto alle difficoltà economiche sempre più evidenti che vivono molte famiglie, e rispetto alla necessità di incentivare modelli di consumo sostenibili e circolari, in particolare in un settore, come quello tessile, tra i più inquinanti a livello globale. La vendita e il riuso dell’abbigliamento usato costituiscono una risposta concreta e accessibile alla crisi ecologica e all’impoverimento diffuso. Al contrario, vietarne la presenza nei mercati rischia di colpire proprio le fasce più vulnerabili della popolazione, e in particolare gli ambulanti stranieri e chi vive condizioni di marginalità sociale. È l’ennesimo caso in cui, sotto il nome del decoro urbano, si introduce una misura che alimenta esclusione e disuguaglianza”.
La misura, secondo Rifondazione Comunista oltre a essere ingiusta è anche illiberale: “si limita la libertà di iniziativa economica di piccoli venditori e si impedisce l’accesso a un bene primario – come il vestiario – a prezzi popolari. È così che si struttura un modello di città borghese ed escludente, che criminalizza il piccolo commercio e favorisce logiche di omologazione e gentrificazione. È così che si creano ghetti urbani, relegando ai margini chi non rientra nei canoni del consumatore ideale”.
La richiesta della Federazione di Modena di Rifondazione Comunista al Comune di Carpi è quella di “ritirare immediatamente il divieto e di avviare un confronto con la cittadinanza, le associazioni, i commercianti e i movimenti per immaginare insieme una regolamentazione giusta e sostenibile del commercio nei mercati cittadini, in linea con gli obiettivi di giustizia sociale e ambientale”.