“Ritrovarsi, insieme, oggi, per ricordare, significa costruire un progetto per il futuro rispondente agli ideali che spinsero i 67 prigionieri a disertare una comoda posizione di indifferenza per compiere la scelta di opporsi al regime nazi-fascista. Negli ultimi ottant’anni il nostro Paese, l’Europa, l’intero mondo sono stati sottoposti a cambiamenti profondi di progresso e sviluppo, ma le ragioni che spinsero quegli uomini alla loro scelta restano attualissime, perché poggiano su valori universali che, oggi più che mai, sono minacciati, in particolare dal diffondersi della guerra quale risolutrice di conflitti politici, economici, culturali e religiosi”: con queste parole, che tracciano un ponte lungo otto decenni, la presidente della Fondazione Fossoli Manuela Ghizzoni ha preso la parola durante la commemorazione per l’81° anniversario della strage del Poligono di Tiro di Cibeno, quando, il 12 luglio del 1944, 67 internati politici del Campo di Fossoli furono trucidati dalle SS naziste e sotterrati in una fossa comune.
“I conflitti nel mondo aumentano, – ha dichiarato la presidente Ghizzoni davanti ai convenuti al Campo di Fossoli, in primo luogo i 52 familiari presenti, discendenti di 25 vittime, i sindaci e rappresentanti dei Comuni di origine dei martiri, i cittadini e gli studenti degli istituti superiori coinvolti nei percorsi di ricerca e approfondimento sulla strage – e sono possibili micce per ulteriori guerre: la drammatica vicenda di Gaza, enorme prigione a cielo aperto dove dignità e sopravvivenza sono calpestate, è una miccia per tutto il Medio Oriente, come ha dimostrato la cosiddetta Guerra dei 12 giorni tra Israele e Iran, sospesa ma non risolta.
In guerra tutti perdono. Eppure gli ideologi di diversi potenti si prodigano a teorizzare il contrario. E noi dobbiamo rispondere con gli strumenti in nostro possesso: la parola, l’esempio, la testimonianza, la resistenza civile all’insensata escalation che si può fermare se a parlare sono diplomazia, negoziati e politiche internazionali consapevoli.”
Nel suo intervento Ghizzoni ha inoltre evidenziato le numerose attività poste in essere dalla Fondazione, dai progetti con le scuole al restauro conservativo del Campo, seguito con particolare attenzione da Pierluigi Castagnetti e Marzia Luppi, già presidente e direttrice della Fondazione, l’aumento dei giorni di apertura (da uno a tre a settimana) per tutto il periodo estivo, i tanti progetti con le scuole, il nuovo sito web che raccoglierà i documenti sulla vita dei 67, il progetto delle pietre d’inciampo portato avanti insieme ad ANED nazionale e, non ultimo, la nuova ricerca sui 67 uomini vittime della follia nazifascista: “Abbiamo promosso una nuova ricerca sulla Strage, affidata alla cura del prof. Paolo Pezzino, già docente di Storia contemporanea all’università di Pisa e massimo esperto di stragismo ad opera dei nazi-fascisti, che ha compiuto un viaggio davvero lungo per essere con noi oggi, spinto anche dal desiderio di incontrare i familiari prima dell’avvio effettivo delle ricerche. Coordinerà gruppo di ricerca di sette professionisti, necessari per affrontare la complessità della Strage: le vittime erano di diverso orientamento politico, con differenti esperienze alle spalle, così come diversi erano stati i tempi e le motivazioni della scelta antifascista; della strage ignoriamo la reale motivazione scatenante e i criteri di compilazione della lista dei destinati alla morte; ne conosciamo invece i colpevoli carnefici, rimasti impuniti, e lo dico con rammarico e con senso di sconfitta come cittadina. Riponiamo molta fiducia sulle capacità di indagine del team di ricerca e sugli esiti ai quali approderà: un atto che intendiamo riparatorio, in assenza della mancata sentenza dei tribunali.”
A concludere le celebrazioni, l’intervento del sindaco di Carpi, Riccardo Righi: “È sempre un grande onore rappresentare Carpi in un’occasione così carica di significato. Siamo qui, ancora una volta, al Campo di Fossoli, un luogo che non è solo un punto sulla mappa della nostra pianura, ma un punto fermo nella coscienza civile di Carpi, dell’Emilia, dell’Italia intera. Sono passati 81 anni da quel 12 luglio 1944. Una strage lucida, feroce, premeditata. Un atto di terrore contro la Resistenza, contro chi sognava un Paese nuovo, libero, giusto, democratico. Ma quel terrore ha generato l’effetto opposto: ha lasciato una ferita profonda, ma dalla quale è germogliata una coscienza. Ha rafforzato l’urgenza di costruire un’Italia diversa, fondata sull’antifascismo, sulla libertà, sulla democrazia.
Viviamo un tempo in cui la memoria non può più essere solo un dovere cerimoniale, ma un atto vivo, un’azione civile. Deve essere trasmessa, difesa, condivisa, interpretata. Perché ricordare non significa solo voltarsi indietro, ma decidere da che parte stare oggi.
Significa costruire una città che rifiuta ogni forma di odio, di razzismo, di autoritarismo.
Fare memoria vuol dire fare politica, nel senso più alto e nobile: costruire comunità, tenere insieme le differenze, dare voce a chi non ce l’ha.
Oggi, mentre pronunciamo i nomi dei 67 Martiri, non stiamo solo commemorando. Stiamo rinnovando un patto: tra generazioni, tra passato e futuro, tra chi ha dato la vita e chi oggi ha la responsabilità di onorarla”.