L’Emilia-Romagna ha pubblicato nei mesi scorsi un bando per reclutare 1.434 medici di base e del 118: a quel bando hanno risposto in 349, e non è detto che tutti accettino il posto nel momento in cui ci saranno le assegnazioni a giugno. “In genere – sottolinea Dante Cintori segretario modenese della Federazione Medici di Medicina Generale (FIMMG) – non tutti i professionisti che partecipano a un bando poi accettano il posto per gli incarichi vacanti, quindi i medici che cominceranno realmente a esercitare potrebbero alla fine essere ancora meno”. Nel bando pubblicato a fine marzo risultava che Modena fosse la provincia con il numero maggiore di incarichi vacanti (267 medici di base in meno, contro i 247 di Bologna), seguita da Reggio Emilia (209), Parma (145) e Piacenza (113). Per quanto riguarda i medici del 118 la situazione più critica è invece in Romagna, dove ne mancano 51. Si dovrà attendere la metà di giugno per avere un quadro più dettagliato della situazione.
All’origine di questa situazione c’è il numero chiuso a Medicina? C’è un calcolo errato delle necessità?
“Da quindici anni a questa parte si sapeva della gobba pensionistica e che dal 2019 al 2026 sarebbero andati in pensione circa 70mila medici in Italia tra medici di famiglia, di emergenza territoriale e pediatri, tra dipendenti e convenzionati. E’ stato tenuto per troppo tempo il numero chiuso alla Facoltà di Medicina e, per quanto riguarda i medici di medicina generale, sono stati pochi negli ultimi dieci anni i posti nel corso di formazione dei medici di medicina generale”.
In che condizioni lavora oggi un medico di famiglia?
“Lavora con un carico di assistiti notevole ma nonostante ciò abbiamo appena prorogato venerdì scorso in un incontro in Regione con l’Assessore Massimo Fabi due accordi importanti: quello per la campagna vaccinale che ci vedrà in prima linea anche nell’anno 2025/26 e l’accordo sulle carenze per cui fino al giugno 2026 i medici di base che lavorano nelle zone dove c’è carenza mantengono fino a un massimo di 1800 scelte.
Cos’è che non riuscite più a fare ?
“Con 1800 pazienti che vivono molto più a lungo, ci sono sempre più pazienti cronici da curare. E’ sempre più difficile, nonostante l’aiuto di personale di studio come segretarie e infermiere che ci aiutano. Nonostante ciò il carico di lavoro è notevole”.
Che cosa può fare l’Ausl affinché nessuno rimanga senza medico di famiglia?
“A quel punto le Aziende Usl colmeranno i vuoti affidando incarichi a tempo determinato, con l’obiettivo di non lasciare i pazienti senza il medico di famiglia. Si tratta di microteam composti da giovani medici disponibili a fare ore di ambulatorio con segretarie e infermiere a supporto”.
Da anni siete dei liberi professionisti convenzionati con il Sevizio Sanitario Nazionale e la vostra attivitàù è regolata da un contratto firmato dai sindacati. Quanto è fondata l’ipotesi che torniate dipendenti?
“E’ un’ipotesi di decreto legge avanzata in alcune regioni ma, per adesso, è ancora tutto in discussione. I costi per rendere dipendenti delle Ausl i medici di famiglia operanti sul territorio italiano sono altissimi, si parla di una cifra tra i dieci e i quindici miliardi di euro. Oggi sono a nostro carico ferie, malattie, periodi di maternità e fatti tutti i conti ci vogliono tre dipendenti per sostituire un medico di famiglia autonomo. Poi soprattutto ci sarebbe una dimissione in massa dei medici di medicina generale quando il nostro lavoro non dovesse più avere un’organizzazione autonoma. Infine c’è il problema dei nostri dipendenti che resterebbero senza lavoro: segretarie e infermiere che sono nella provincia di Modena sono più di 500
Dott. Cintori, quanto tempo ci vorrà per rimediare a questa situazione? Quanti anni?
“Io sono ottimista per natura. Penso che nel 2030 si potrà tornare ad avere non una pletora di medici come negli anni 80 ma un adeguato numero di medici di medicina generale”.
S.G.