Quello degli episodi di violenza fuori e dentro le scuole superiori è un fenomeno che preoccupa ed evidenzia un vuoto educativo allarmante. Si tratta di un disagio diffuso e “chiunque nel proprio ruolo deve porsi questo problema e mettersi a disposizione in modo che si possa insieme per cercare delle soluzioni e fare di meglio e di più in futuro”. Ad affermarlo è Viviana Valentini, dirigente scolastica dell’Istituto Meucci di Carpi, amareggiata per i recenti episodi di aggressioni e risse. “E’ un fenomeno globale che va analizzato – aggiunge – senza pregiudizi e stereotipi. Nemmeno possiamo pensare di risolverlo con slogan superficiali e con ricette scaricando le responsabilità educative”.
E aggiunge qualche spunto di riflessione. “Nella nostra scuola abbiamo attivato da anni procedure di sorveglianza il più possibile capillari, abbiamo riscritto il Regolamento d’Istituto recependo le indicazioni nazionali contro i fenomeni di bullismo e cyberbullismo, abbiamo nominato un referente per il bullismo, abbiamo messo a disposizione uno psicologo scolastico e da quest’anno abbiamo anche nominato un elevato numero di mentor individuali a supporto di ragazzi con difficoltà anche comportamentali, senza poi dimenticare una proposta formativa ricca e articolata affinché i nostri studenti crescano come buoni cittadini.
Tutto questo evidentemente non è bastato a evitare che si verificassero episodi violenti. “I nostri alunni entrano più o meno a quattordici anni, dovrebbero arrivare con i fondamenti educativi già assimilati in famiglia e a scuola, dall’ infanzia alla scuola media, ma così non è. Significa che il mondo adulto deve accettare di rimettersi in discussione, ognuno per il ruolo che ricopre ovviamente e deve cercare soluzioni condivise”.
“Quello che più mi preoccupa – aggiunge la preside Valentini – è rendermi conto che l’esposizione massiccia e incontrollata fin dalle elementari a social sempre più aggressivi e violenti induce questi ragazzi a spettacolarizzare ogni momento del proprio vissuto, anche i più banali. Se, ad esempio, c’è una disputa tra adolescenti per un futile motivo si trasforma facilmente in aggressione o in rissa per ottenere visibilità: tutto viene registrato e da questi video risulta chi è il più forte e chi comanda. Questo coinvolge sia i ragazzi sia le ragazze, indifferentemente. Quando li si sente parlare nei loro racconti la parola che ricorre di più è picchiare, e possono diventare vittime o carnefici a seconda delle situazioni.
Un altro aspetto che vorrei sottolineare è la facile propensione alla menzogna nel senso che mentono con una discreta spudoratezza e naturalezza. Tanti genitori sono increduli e faticano ad accettare l’idea che il proprio figlio possa essere uno di quelli che hanno partecipato a questo genere di episodi però dimenticano che gli studenti, quando sono da soli, si comportano in un modo e quando sono in gruppo si comportano diversamente perché il gruppo è vitale a quell’età.
“Essendo un fenomeno così globale e così complesso nella sua analisi e anche nelle possibili risoluzioni abbiamo bisogno di tutti” conclude la preside Valentini.
Sara Gelli