“Un giorno tornerò in Italia ma il mondo è grande e io voglio farmi le ossa all’estero”

Uppsala. E’ lì, in Svezia, che il 23enne carpigiano Manuel Morgillo ha deciso di vivere, almeno per ora. Con una laurea triennale in Lingue e Culture Europee conseguita all’Ateneo di Modena e Reggio Emilia in tasca, Manuel ha lasciato la nostra città per dedicarsi a un master in Linguistica all'Università di Uppsala, la più antica dei paesi nordici.

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Uppsala. E’ lì, in Svezia, che il 23enne carpigiano Manuel Morgillo ha deciso di vivere, almeno per ora. Con una laurea triennale in Lingue e Culture Europee conseguita all’Ateneo di Modena e Reggio Emilia in tasca, Manuel ha lasciato la nostra città per dedicarsi a un master in Linguistica all’Università di Uppsala, la più antica dei paesi nordici.  “Ho sempre desiderato esplorare realtà diverse – spiega Manuel – e la prima possibilità l’ho avuta nell’autunno del 2023, quando ho trascorso il semestre dell’ultimo anno di triennale a Goteborg, in Svezia. L’idea di lasciare Carpi in modo permanente mi è venuta proprio durante quei mesi, dopo aver visto quanto un ambiente differente sia in grado di farti crescere sotto tantissimi punti di vista, offrendoti ogni giorno importanti lezioni di vita”. L’approdo nel paese scandinavo all’inizio è stato del tutto casuale: “convinto di non essere ammesso, quando mi sono candidato per l’Erasmus ho inserito delle destinazioni a caso ma con mia sorpresa sono stato accettato in Svezia. In un primo momento – prosegue –  non ero convinto: il freddo, poche cose da fare (mi dicevano) ma poi mi sono detto, perché non provarci? E così è nata la mia infatuazione per la Svezia pur conscio dei numerosi problemi che vi sono anche qua. Per un ragazzo della mia età,  e in particolare se sei uno studente, questo Paese offre enormi vantaggi. Vi sono tante lauree triennali e magistrali in inglese, le università sono gratuite e non particolarmente stressanti, tant’è che io studio e lavoro e, al contempo, riesco a coltivare amicizie, una relazione e vari hobby”.

Come si svolge la tua vita lì?

“Ho una vita molto piena. Seguo le lezioni in università e studio, perlopiù in biblioteca, due sere a settimana lavoro alle Nations, delle sorta di confraternite, ovvero luoghi di ritrovo per studenti che offrono piccoli lavoretti oltre ad aiutare i ragazzi a trovare degli alloggi a prezzi molto convenienti. Un’occupazione che mi consente di conoscere persone provenienti da diversi paesi del mondo oltre a guadagnare qualcosa e ad accumulare ore di lavoro propedeutiche all’ottenimento di una borsa di studio del Governo. Poi c’è lo sport: vado in palestra, gioco a pallavolo e, presto, con l’arrivo della primavera e  dunque di temperature più miti, ricomincerò finalmente a giocare a calcio, cosa che ho fatto in Italia per anni e che qua un po’ mi manca, dal momento che la stagione calcistica si svolge solo da aprile a novembre.  Nel weekend oltre alle feste tenute dalle Nations, non manca mai la classica italianata, ovvero pizza e calcio con gli amici, anche qua infatti sono riuscito a trovare una grande compagnia di italiani”.

Quali opportunità offre a un giovane come te una città come Uppsala?

“L’ambiente è molto internazionale e come tale dà grandi possibilità di confronto sia all’interno degli ambiti educativi che fuori. Offre un’educazione a mio parere – e non solo – eccezionale, l’Università di Uppsala è infatti la più antica della Scandinavia e tra le cento migliori al mondo. Uppsala è una città molto particolare, popolata pressoché interamente da studenti, è un paradiso per gli universitari, tutto è tarato su di loro, ma a livello lavorativo ha qualche limite. Ciò comunque non significa che non offra occasioni per i lavoratori, d’altronde stiamo parlando della quarta città più popolata di Svezia, con circa 180mila abitanti”.

Quanto è difficile ritrovarsi solo in un altro Paese?

“Il fatto di essere solo non mi pesa, certo all’inizio l’idea di non riuscire a farsi degli amici, di affrontare problemi burocratici, di fare i conti con un sistema universitario diverso e con persone dalla mentalità differente può far paura ma io fortunatamente sono una persona positiva e sono convinto che da cosa nasca cosa. Conosci qualcuno che a sua volta conosce qualcun altro… e alla fine in caso di bisogno ci salti sempre fuori. Inoltre è innegabile che in un ambiente universitario dove si condividono gli stessi problemi si tenda a coalizzarsi e a sostenersi a vicenda. In poco tempo ci si crea la propria cerchia che, in qualche modo, diventa la tua seconda casa. Ovviamente la mia vera casa non la dimentico e mi manca, ogni giorno. Mi capita di pensare ai momenti che sto perdendo, ai miei genitori e ai nonni che invecchiano senza avermi vicino, a mia sorella che cresce, agli amici di una vita… Sono pensieri che pesano. E poi c’è il senso di precarietà: essere qua, senza la certezza di rimanervi, in un ambiente in cui le persone vanno e vengono continuamente, conscio del fatto che anche io presto me ne andrò, causa spesso tanta malinconia, il che rende quest’esperienza molto impegnativa dal punto di vista affettivo e mentale. Le difficoltà sono tante ma credo valga la pena viverle e non certo per il pezzo di carta che otterrò, bensì perché sono convinto che vivere una esistenza piena sia ciò che conta davvero”.

E’ un’esperienza che consiglieresti ai tuoi coetanei?

“Assolutamente sì. Il mio consiglio è quello di mettere un po’ di soldini da parte, non ne servono nemmeno troppi, e di partire. In questo anno e mezzo, considerando anche l’esperienza di Goteborg, sono cresciuto moltissimo. Scoprirete voi stessi, vi perderete e vi ritroverete ancora. Imparerete tantissime cose e cambierete idea mille volte. Non c’è per forza bisogno di fare un master, basta un Erasmus di pochi mesi e tornerete con un’altra mentalità e con un bagaglio di avventure e lezioni che conserverete per tutta la vita”.

Cosa ti manca di Carpi?

“Di Carpi mi manca un po’ tutto: la famiglia, gli amici e ogni tanto persino la nebbia. E, ancora, il buon cibo, i pranzi in famiglia, le serate con gli amici di sempre. Sembrerà strano, ma mi mancano anche la noia e la stabilità, così come tante certezze: quella di essere accolto dai miei genitori ogni volta che varco la porta di casa, che la domenica si va a pranzo dai nonni, che i miei amici saranno sempre lì, pronti a scherzare o a darmi una pacca sulla spalla”.

Dove vedi il tuo futuro, in Italia o all’estero?

“Amo l’Italia, nonostante i suoi mille difetti, e gli italiani, pertanto il mio auspicio è, futuribilmente, quello di creare una famiglia e di vivere stabilmente in Italia. Prima però voglio farmi le ossa altrove, crescere umanamente e professionalmente all’estero. Il mondo è grande e ho ancora tante cose da vedere, persone da conoscere, esperienze da fare e soddisfazioni da togliermi”.

Jessica Bianchi

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