“Siamo favorevoli alla transizione ecologica, ma nel rispetto del territorio e del ruolo degli enti locali cui spetta la pianificazione”. A parlare è Marcello Moretti, sindaco di Sant’Ilario d’Enza nelle cui campagne rischiavano di approdare tre impianti agrivoltaici con un’estensione complessiva di circa 100 ettari. Tre impianti che non vedranno la luce grazie a una presa di posizione politica forte condivisa “alla luce del sole” nel corso di varie assemblee pubbliche con i cittadini, i parlamentari, i consiglieri regionali e altri soggetti quali associazioni ambientaliste e di agricoltori. Una posizione sostenuta in sede ministeriale dai pareri della Provincia di Reggio Emilia e dalla Regione Emilia Romagna. “L’area di Calerno dove avrebbero dovuto essere realizzati gli impianti – prosegue il primo cittadino – è stata inserita anni fa nello statuto comunale quale area di pregio affinché fosse preservata grazie alla presenza di edifici di valore storico-testimoniale, reti infrastrutturali storiche, filari e siepi meritevoli di tutela. Una zona che fa parte della nostra identità e che pertanto deve essere salvaguardata. Tutti i soggetti in campo hanno fatto le loro osservazioni e l’istruttoria è stata inviata al Ministero”.
Ed è proprio di pochi giorni fa la bocciatura del mega impianto nell’area denominata Giambattista, 80 ettari di terreno agricolo, da parte della Commissione interministeriale la quale ha “ritenuto il progetto irragionevolmente sovradimensionato per il territorio di Sant’Ilario e anche poco curato dal punto di vista della compatibilità con il paesaggio”.

Una vittoria importante che arriva dopo quelle relative ad altri due impianti più piccoli, sempre vicino al centro abitato di Calerno, della dimensione di 8 ettari ciascuno e pertanto di competenza del Comune, che l’amministrazione ha bloccato con motivazioni ritenute fondate, come sancito dal Tar di Parma in risposta alle società ricorrenti.
Il PNRR ha stanziato oltre 1 miliardo di euro per l’agrivoltaico in Italia e, con l’approvazione da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del decreto per la promozione dell’installazione di tale tipologia di sistemi, si dischiudono scenari del tutto nuovi per il nostro Paese. Il nervo scoperto è legato al fatto che le autorizzazioni di questi interventi, pur riguardando i singoli territori, sono legate principalmente a procedure ministeriali, riducendo così il margine di manovra dei comuni.
“Le leggi nazionali – sottolinea Moretti – non possono non tener conto dell’intero sistema di normative. La Costituzione ad esempio, stabilisce che il governo del territorio debba essere concordato tra stato e regioni. Nessuno ha una competenza esclusiva. Inoltre i comuni devono poter decidere quali aree destinare a impianti di questo tipo. In primis aree intercluse, tetti, parcheggi, cave… Se tali aree non dovessero bastare faremo la nostra parte ma dobbiamo essere lasciati liberi di poter pianificare. Peraltro fino a quando non usciranno le norme regionali (alle quali qualcuno vorrebbe togliere il diritto di legiferare) non esistono neanche criteri per una ripartizione dei Megawatt sui singoli territori: ad oggi è un far west. Le aziende hanno naturalmente il diritto di fare profitto, ma non degli extraprofitti irragionevoli che drogano il mercato improvvisandosi operatori dell’energia. I finanziamenti generosi del Pnrr infatti hanno scatenato molti appetiti; gli investitori vanno dai contadini e offrono 30-40mila euro a biolca, oltre due volte il loro valore di mercato. Per fortuna non tutti gli agricoltori ci stanno. Molti dei nostri contadini infatti hanno rispedito al mittente quelle offerte, perché hanno a cuore il loro territorio. La loro identità. Le società che pretendono di poter fare qualsiasi cosa su un’area acquistata, solo perchè privata non tengono conto del fatto che vi sono delle regole comuni da rispettare e le istituzioni sono lì per tutelare l’interesse pubblico. La loro logica prepotente deve essere combattuta, anche perché al territorio di queste operazioni non resta nulla.
Cercare di abbassare i costi dell’energia va fatto insieme in trasparenza. Oggi i comuni vengono tenuti fuori da procedure di pianificazione e non hanno nemmeno alcuna garanzia circa il tema delicato degli smaltimenti degli impianti una volta giunti a fine vita”.
Carpi sta per essere investita da un’onda d’urto di immani proporzioni che sconvolgerà completamente il paesaggio agricolo. Al posto di grano, mais e foraggio infatti a svettare saranno “foreste” di pali e pannelli fotovoltaici su una superficie di oltre 3 milioni di metri quadrati. Dopo aver incassato l’ok di Regione e Arpae, il primo impianto agrivoltaico pronto a decollare sarà Cascinetto, dietro lo stabilimento Ca.Re, con un’estensione di circa 30,44 ettari. Sul tavolo però manca ancora qualcosa: la società Sonnedix Leonardo infatti non ha piena disponibilità delle aree per la realizzazione dell’elettrodotto e pertanto il Comune di Carpi dovrà concedere, previo consenso del Consiglio Comunale, una variante al Piano urbanistico generale per la realizzazione delle opere di connessione alla rete elettrica nazionale, con l’apposizione del vincolo espropriativo e la dichiarazione di pubblica utilità. L’ennesima deroga al Pug…
“Le nostre – conclude il sindaco Moretti – sono vittorie del diritto amministrativo e del ruolo dei comuni. Il consiglio comunale deve esercitare la propria potestà. Gli enti pubblici non possono essere esautorati, devono lanciare messaggi politici forti. Questi fenomeni devono essere governati. Si devono acquisire elementi, raccogliere dati, coinvolgere la cittadinanza senza avere paura di esprimere pareri negativi. Noi abbiamo posto un diniego, abbiamo espresso le nostre perplessità e siamo riusciti a ottenere un risultato importante per tutti. Ora chiediamo una moratoria degli interventi in attesa che le regioni legiferino sulle aree idonee e che arrivino alla fine le sentenze relative ai contenziosi in atto. A quel punto ci assumeremo le nostre responsabilità e individueremo le aree per produrre energia pulita”.
Jessica Bianchi