La poesia, si sa, è capace di trasportare lontano. Di proiettare il lettore attento in un altrove fatto di poche parole e spazi larghi. Non fanno eccezione i componimenti poetici del carpigiano Gaetano Zanoli, attraversati da una musicalità diffusa e una delicata nostalgia. Di stelle scintillano i rami è il titolo della sua ultima raccolta di poesie scritte fra la gioventù e la maturità.
Tra le pagine emerge con forza l’amore, quello per le donne (Quando le nostre labbra daranno polvere a che sarà valso amarci forte e stringerci più forte in un luogo lontano spazzato via dal vento dell’eternità), per il figlio (Sono un altro da quando hai imparato a chiamarmi papà) e per la nostra terra d’Emilia. Una pianura raccontata attraverso i suoi suoni (Un grillo piano sega l’erba), i Pizzichi di lucciole fra i campi e il profumo dei tigli. Tra la nebbia, il buio e sonori silenzi. Ma vi è anche spazio per l’assenza, il becco pungente del dolore, la perdita… e per quella morte che spacca i cuori. E se, scrive il poeta, il Tempo annacqua il dolore, la memoria diventa invece come un Punto cucito stretto. Un patrimonio da custodire con dedizione per preservare il ricordo di chi se ne è andato. Di stelle scintillano i rami è anche un inno alla bellezza delle cose che ci circondano, ai Campi di lucciole sotto lune grondanti, al Respiro regolare della notturna campagna, al borbottare della stufa e ai capricci del camino. La meraviglia delle piccole cose. Un incantato stupore a cui si somma, nonostante tutto, la speranza di Veder nascere fiori sulle nostre ciglia affaticate, tra gli echi lontani di luoghi amati, dagli archi sfuggenti di Bologna all’eterna agonia di Venezia, all’azzurro marino di un caldo ottobre del Sud. Pagine da assaporare con lentezza.
Jessica Bianchi