Dalle 4:00 di questa mattina oltre 100 tra militari della Guardia di Finanza e agenti della Polizia di Stato, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna e sotto la direzione del Sostituto Procuratore, dott. Roberto Ceroni, stanno dando esecuzione all’Ordinanza di Applicazione di Misura Cautelare Personale nei confronti di 15 soggetti (12 in carcere e 3 agli arresti domiciliari, eseguendo al contempo un Decreto di perquisizione personale, locale e sequestro nei confronti di 16 soggetti.
La attività d’indagine ha permesso di individuare un’organizzazione criminale italo/albanese che – di base nella provincia di Reggio Emilia e dedita al traffico internazionale di stupefacenti – dal 2020, ha importato e acquistato dall’Albania, Kosovo, Ecuador, Colombia e Paesi Bassi, nonché detenuto e venduto sull’intero territorio nazionale (con, anche, alcune distribuzioni avvenute dalla provincia di Reggio Emilia verso la Calabria): 23 chili di cocaina, 6 di eroina, 80 di hashish e 240 chili di marijuana per un controvalore stimato in 8 milioni di euro. Nel corso delle complesse investigazioni – che hanno fatto emergere il carattere associativo dei reati perpetrati – è stato riscontrato il sodalizio fra soggetti di nazionalità albanese, altri appartenenti alla criminalità organizzata di tipo ‘ndranghetista ed altri ancora contigui alla criminalità laziale. Durante le indagini erano stati già arrestati 5 soggetti in flagranza di reato per traffico di stupefacenti, di cui 4 nuovamente colpiti dall’odierna ordinanza. Inoltre è stata accertata l’introduzione, dalla Spagna, nel territorio nazionale di 75.000 euro in banconote di 500 falsificate. L’integrale ricostruzione dell’illecita attività di traffico internazionale di stupefacenti è stata possibile anche grazie alla posteriore acquisizione di numerose conversazioni telematiche che i narcotrafficanti, avevano scambiato tramite smartphone criptati tramite l’utilizzo dell’applicazione Sky-ECC. Tali dati, sono stati acquisiti a seguito di Ordine di Indagine Europeo (O.I.E.), grazie ad una complessa attività di polizia giudiziaria condotta dalle Forze di Polizia francesi, olandesi e belghe sulla piattaforma di comunicazione criptata SKYECC, ove è stato possibile attingere a milioni di messaggi di interesse investigativo, scambiati tra i membri di organizzazioni criminali e operanti in diversi paesi dell’Unione Europea.
L’organizzazione criminale, si è dimostrata in grado di operare sul territorio nazionale in molteplici contesti distinti, ma tra loro interfunzionali:
– quello emiliano, dove si trovava la sede direzionale ed operativa (oltre che di dimora della maggior parte degli associati) di Bibbiano di Reggio Emilia e si localizzavano le ulteriori basi logistiche (Sassuolo e Polinago);
– quello calabrese, territorio utilizzato in connessione con gruppi criminali locali, sia per l’approvvigionamento di partite di cocaina che per la distribuzione di quantitativi di eroina, hashish e marijuana;
– quello romano, con l’ingresso in affari di soggetti ben inseriti nei circuiti criminali della capitale;
– quello veneziano, utilizzato sia come terminale per la distribuzione dello stupefacente che per l’estemporanea
acquisizione di forniture di narcotico a fronte di contingenti esigenze, in relazione alle quali si attingeva anche al territorio torinese.
L’associazione – con elevate capacità di penetrazione nelle piazze di spaccio non solo emiliane, potendo contare, infatti, su una rete distributiva ramificata sull’intero territorio nazionale e su canali di approvvigionamento europei e sudamericani – veniva gestita come una vera e propria attività di impresa, con modalità assolutamente manageriali caratterizzate da una continua progettualità, un agile adattamento alle situazioni contingenti e alla ricerca del massimo profitto. L’elevato numero degli acquisti di sostanze stupefacenti e delle stesse cessioni, hanno confermato l’elevata pericolosità sociale dei correi che, per quanto concerne gli indagati di origine calabrese, si sostanzia nell’esistenza di rapporti anche di natura familiare con esponenti della ‘ndrina calabrese riconducibile alla famiglia Grande Aracri, da anni radicata nel territorio emiliano.
Denunciate alla Procura della Repubblica di Reggio Emilia, 10 persone stabilmente radicate nel reggiano (originari della Calabria e dell’Albania) che, attraverso 7 società (di cui 6 operanti nella provincia di Reggio Emilia e 1 in quella di Parma nonché n. 03 risultate vere e proprie cartiere), hanno emesso fatture per operazioni inesistenti per 5.276.611 euro conseguendo un profitto illecito per un importo di oltre 511.330 euro. Le società operano (e in taluni casi, operavano, dal momento che hanno cessato la loro attività) prevalentemente nel settore edile.