Aneurisma dell’arco aortico: a Modena applicata per la prima volta in Italia una nuova endoprotesi

Primo caso nella Comunità Europea di trattamento completamente endovascolare dell’arco aortico con endoprotesi ramificata.

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Da sinistra Filippi, Magnavacchi, Vagnini e Silingardi

Pochi giorni fa, presso la sala ibrida dell’ospedale Civile di Baggiovara, è stato portato a termine il primo trattamento completamente endovascolare di aneurisma dell’arco aortico con un’innovativa endoprotesi mai utilizzata in Italia. L’intervento, della durata di circa 3 ore, si è svolto senza criticità ed al temine della procedura il paziente è stato monitorato qualche ora e subito rientrato in reparto senza complicanze. La protesi utilizzata è stata prodotta su misura del paziente a Shangai e si tratta del 15esimo impianto della stessa nel mondo, nonché primo nella comunità europea.

“Ancora una volta la Chirurgia Vascolare dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena si è dimostrata leader nel trattamento mini-invasivo della patologia aortica in tutti i sui distretti – si è complimentato il Direttore generale Claudio Vagnini – e pioniere nell’utilizzo delle più innovative tecnologie”.

“L’arco aortico – spiega il professor Roberto Silingardi, Direttore della Chirurgia Vascolare – rimane l’ultima frontiera della chirurgia vascolare e diverse aziende stanno proponendo dispositivi sempre più innovativi per questa patologia. L’endoprotesi scelta per questo caso, combina le più recenti tecnologie al fine di poter trattare un distretto, fino pochi anni fa di competenze esclusivamente cardiochirurgica”.

L’intervento è stato portato a termine grazie alla collaborazione tra l’equipe di Chirurgia Vascolare diretta da Roberto Silingardi (composta da Stefano Gennai, Giuseppe Saitta, Giulia Trevisi Borsari, Francesco Andreoli e Luigi Alberto Maria Bartolotti) insieme all’equipe al dottor Paolo Magnavacchi della Cardiologia Interventistica diretta da Stefano Tondi e alla dottoressa Lina Pietropaoli del servizio di Anestesia e Rianimazione diretta da Lesley De Pietri, in concerto con il personale infermieristico ed i tecnici di radiologia del blocco operatorio.

“Il lavoro di equipe – spiega la dottoressa Lesley De Pietri, Direttore dell’Anestesia e Rianimazione – è stato sicuramente la chiave vincente. Le competenze ultra specialistiche in ambito anestesiologico che vanno incontro alle esigenze chirurgiche hanno reso possibile una procedura complessa con la minima invasività. La presa in carico del paziente inizia dalla valutazione pre-operatoria, continua con l’ottimizzazione delle funzioni vitali in previsione dell’intervento e prosegue per tutta la procedura chirurgica e nella fase postoperatoria durante il ricovero in terapia intensiva. Per questo tipo di interventi il monitoraggio avanzato intra-operatorio mediante ecografia transesofagea e l’assistenza postoperatoria in Terapia Intensiva rappresentano i presupposti essenziali per la buona riuscita di un intervento chirurgico di tale complessità”.

“La procedura – interviene il prof. Stefano Gennai, chirurgo vascolare – è stata effettuata per trattare un grosso aneurisma dell’arco aortico in un paziente ottantenne, non candidabile a chirurgia open. La chirurgia dell’arco risulta, infatti, gravata da importanti tassi di mortalità anche in pazienti giovani e sarebbe proibitiva in casi come questo. Per tale motivo ci siamo avvalsi delle più recenti tecnologie per portare a temine un delicato intervento mininvasivo, che ci ha permesso di correggere completamente l’aneurisma del paziente con solo tre piccole incisioni di circa 10cm”.

“Questo nuovo devices, peraltro unico applicabile all’anatomia del paziente – spiega il dottor Giuseppe Saitta – si è dimostrato estremamente performante e ci ha permesso di portare a termine un intervento ad altissima complessità tecnica senza particolari complicanze. La collaborazione del collega cardiologo e della collega anestesista sono inoltre stati fondamentali per garantire la massima precisione possibile nel posizionare la protesi: per alcuni secondi il battito è stato artificialmente accelerato simulando un arresto cardiaco e la pressione abbassata, al fine di ridurre al minimo il rischio di errori durante la delicata fase di rilascio”.

“l battito cardiaco è stato accelerato tramite il posizionamento di un pace-maker temporaneo – sono le parole del Cardiologo interventista Dottor Paolo Magnavacchi dell’U.O di Cardiologia – rendendo cosi il cuore immobile con il fine ultimo di un corretto e preciso posizionamento dell’endoprotesi. Il pace-maker è stato rimosso al termine della procedura senza complicanze”.

“Le competenze acquisite nel corso degli anni dal personale infermieristico operante in sala ibrida – conclude Umberto Filippi, coordinatore del Blocco Operatorio di Baggiovara – hanno consentito un lineare andamento di tutte le fasi dell’intervento e hanno dato una garanzia di affidabilità e professionalità a tutta l’equipe. L’avvento delle innovative tecniche chirurgiche ha favorito una iper specializzazione degli infermieri che grazie a percorsi formativi e ad aggiornamenti sul campo risultano essere sempre più determinanti per la buona riuscita delle attività di sala operatoria”.

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