Insegnare significa lasciare un segno nella vita di qualcuno, per sempre. Con questa convinzione è entrata in classe ogni giorno della sua vita trascinando con il suo entusiasmo bambini e famiglie, facendo della relazione personale il cardine del suo lavoro, puntando sulla formazione costante e sull’aggiornamento. Ancora non si rassegna all’idea ma è andata in pensione Maria Rosa Bolla, colonna portante della scuola primaria Collodi e del Comprensivo Carpi 3, per raggiunti limiti di età, dopo 45 anni di insegnamento.
Ricorda perfettamente il suo primo giorno di maestra ventenne, il 7 marzo del 1979. L’ultimo è stato il 6 giugno scorso. Non è stato il suo primo lavoro ma ha capito presto che era la sua strada anche se è stata inizialmente in salita. “Purtroppo non furono banditi concorsi fino al 1982, quando le graduatorie furono poi bloccate e solo con la sentenza favorevole del Tar nel 1987 si riuscì ad ottenere il posto. Ho fatto otto anni di supplenze e dopo essere stata reintegrata mi sono stati trattenuti dallo stipendio i contributi per i quattro anni che avevo perso”. Fa in tempo a insegnare come supplente nelle piccole scuole al servizio delle frazioni di Carpi, a Villa Benassi in via Bersana e al Giandegola in via della Rosa a Gargallo ai tempi delle pluriclassi che riunivano bambini di età diverse.
Nel suo primo incarico è una docente della Doa, dotazione organica aggiuntiva, al servizio del 2°circolo didattico e inizia con un progetto sulla dispersione scolastica di bambini con difficoltà di apprendimento alla scuola Pertini. Nei due anni successivi viene assegnata alla scuola Don Milani fino al 1990 quando ha la sua prima sede alla scuola Anna Frank. Per le difficoltà di gestione familiare e per l’insistenza della direttrice Durante del Monaco si trasferisce alle Collodi nel 1991 e lì è rimasta per sempre.
“Alle Collodi ero già stata a metà degli anni Ottanta per due supplenze, una delle quali in quinta e mi ricordo che ero preoccupata di arrivare all’esame senza che si risentisse del fatto che ero supplente. Mi colpì subito la modalità con cui lavoravano le maestre Fosca Pederzoli, Margherita Baschieri, Luisa Pedrazzi e Patrizia Ascari che io sostituivo. Sono stati anni di grazia perché programmavano tutte le settimane quando ancora la programmazione non era prevista nell’orario di servizio e, pur essendo maestre uniche, condividevano le scelte, i materiali prodotti col ciclostile, i progetti. Venivano anche maestre da altre scuole, ricordo Angela Mailli dalle Fanti e Marinella Borghi dalle Saltini: si dividevano le discipline, cercavano i materiali da proporre e poi si metteva in comune il lavoro. In classe ognuna declinava a suo modo la proposta didattica. Io ero giovanissima, non avevo esperienza ma facevo i disegni per illustrare esercizi e problemi. Ho raccolto tutto questo materiale in quaderni e sono state tracce di lavoro preziose. Ho imparato la condivisione in cui ognuno può portare il proprio contributo di conoscenza, esperienza, freschezza di idee”.
Nell’anno scolastico 1985/86 frequentano le Collodi i primi alunni stranieri, cinesi, inseriti nelle classi delle maestre Piera Baschieri e Fosca Pederzoli.
Quando nel 1991 Maria Rosa entra di ruolo alle Collodi, l’insegnante unica è sostituita da tre insegnanti d’ambito su due classi: uno prevalente in matematica, uno in italiano affiancati da un terzo insegnante per coprire le restanti ore. “Lavorare contemporaneamente su due classi è stato massacrante soprattutto per il peso del lavoro di correzione di chi insegnava lingua italiana (lettura, scrittura, analisi logica, grammatica, ortografia di 54 alunni) che io ritengo prezioso, ma mi ha permesso di aggiustare il tiro della lezione nella seconda classe se nella prima avevo rilevato criticità. Ho sempre tenuto alta l’attenzione alla scrittura perché serve per comunicare e per raccontare esperienze vissute: i miei alunni ricordano ancora lo gnomo Trillo o l’elfo Mistral, sfondi integratori della prima classe che ho usato per molto tempo, con i quali tenevano una corrispondenza molto utile, anche dal punto di vista didattico. Attraverso l’elfo Mistral ho scritto tanto e corretto tanto”.
Venti anni di insegnante prevalente, poi nelle scuole ad orario antimeridiano si è tornati al carico di lavoro dell’insegnante unico ‘tuttologo’. La mole di correzioni si è dimezzata ma “non avevo più colleghi di team con cui confrontarmi e programmare, con il rischio di chiudersi all’interno della classe e di pensare di bastare a sé stessi”. Gli insegnanti hanno bisogno di parlare, di fare formazione sulla persona non solo sulle competenze digitali, di affrontare tematiche educative altrimenti restano soli, senza sostegni, ognuno con le sue pesantezze, in classi dove ci sono già tanti problemi.
Se si riescono a instaurare buone relazioni tra colleghi, l’ambiente è favorevole e si condividono le situazioni, il peso si alleggerisce. “Non voglio dire che serva uno psicologo ma tanti insegnanti sono in burnout” sottolinea Maria Rosa.
I bambini le mancano come l’ossigeno. “Il nostro lavoro è una scommessa e il fatto di credere in loro li motiva a fare cose straordinarie. Avere fiducia in un bambino, fargli capire che può arrivare fin dove le sue capacità glielo permettono, gli regala grandi soddisfazioni e per quel traguardo personale che ha raggiunto deve essere gratificato. Ognuno ha il suo traguardo e il suo dono da mettere a frutto. Al momento della valutazione il giudizio è come un vestito per ogni bambino”.
Ancora oggi Maria Rosa Bolla ricorda i suoi primi anni alle Collodi e ha parole di gratitudine per Margherita Baschieri che è stata la sua “maestra di vita, mi ha insegnato a scoprire il bello di questo lavoro, trasmettendomi il valore della relazione educativa e dell’impegno che ci richiede nella quotidianità. Per me è sempre stata un punto di riferimento, anche dopo che è andata in pensione!”. Ecco cosa è ora che è andata in pensione Maria Rosa Bolla per chi è a scuola: un sicuro punto di riferimento.
Sara Gelli