Tagli alla sanità: la Cenerentola sono i risparmi

“Scardinare l’attuale status quo è molto arduo e rischioso dal punto di vista del consenso politico. Molto più facile chiedere soldi che pensare a come risparmiarli” sostiene il dott. Giorgio Verrini, ex medico ospedaliero, intervenendo sulle manovre di contenimento della spesa sanitaria

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Dottor Giorgio Verrini

Si parla dovunque di ‘tagli’ alla Sanità: cerchiamo di capirci qualcosa. Ne esistono 3 tipi: quelli virtuali, quelli reali e i tagli agli sprechi (cioè risparmi).

1) Tagli virtuali. Sono i ridotti stanziamenti di fondi rispetto a quanto previsto dal DEF, oppure di quanto indicato nell’intesa Stato -Regione (che invariabilmente termina con la frase …. Salvo modifiche per esigenze di finanza). Cioè sono tagli fatti “sulla carta” da usare come vetrina per il Fondo Monetario in cui si parla di previsioni tendenziali di spesa. Come esempio chiarificatore per cosa si intenda per taglio virtuale: avrei bisogno di 2 mila euro per andare in vacanza ma il mio budget è di soli 500 euro quindi dovrò fare un “taglio” di 1.500 euro ai miei programmi ma non ho tolto denaro dal mio portafoglio! In questo senso il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ha ricevuto meno fondi di quanto ritenuto necessario (i sempre citati 37 miliardi di tagli del rapporto GIMBE) ma veri tagli al suo finanziamento sono avvenuti solo nel 1993-1995 (meno 7 miliardi di lire) dopo la drammatica uscita della lira dal sistema monetario europeo.

2) Tagli reali sono stati quelli sul personale (- 45 mila unità), sui posti letto (- 40 mila) e la riduzione di ASL (- 66).  Ma il tutto ha prodotto solo 1 miliardo di euro di risparmio in 10 anni. In questo periodo di vacche magre il SSN ha “ tenuto a botta “ come certificato dal PNE ( Programma Nazionale Esiti ) e Agenas almeno fino al 2018, poi lo stato di sofferenza è emerso in tutti i lati deboli sia degli Ospedali e sia dei servizi territoriali e il Covid 19 ha fatto il resto .

3) Tagli agli sprechi, cioè ricorso a soluzioni più economiche ma egualmente efficaci. Ecco in questo modo si sono risparmiati oltre 12 miliardi di euro in 10 anni. A) Utilizzo di farmaci generici che costano il 20% in meno degli “originali” B) controllo sulla distribuzione e sul numero delle Farmacie C) centralizzazione regionale degli acquisti, cioè con centri unici di committenza con maggior potere contrattuale e controllo. D) obbligo dei Piani di Rientro Regionale che vuol dire che nel lungo periodo di stagnazione economica che va dal 2009 al 2014 i Governatori di almeno 10 Regioni hanno dovuto davvero centellinare ogni euro a disposizione.

Adesso come stiamo? Prima di tutto è utile distinguere tra “finanziamento” e “spesa”: il primo è di competenza dello Stato mentre il secondo dipende dalle decisioni delle Regioni.                                                                                                                        I numeri della Legge di Bilancio del 2024 dicono che per il fabbisogno del SSN sono stati stanziati quasi 135 miliardi di euro che diventeranno 137.7 nel 2025.  Sono tanti o sono pochi?  Se confrontati con il finanziamento per la Sanità del 2019 (114 miliardi) sono oltre 20 miliardi in più e come ormai tutti sanno vuol dire un finanziamento complessivo corrispondente al 6.4% del Pil.

Le Regioni invece sostengono che la spesa per la Sanità è maggiore del finanziamento statale, tanto da dover ricorrere a sovrattasse (ticket) o spostare denari da altri settori. Nel suo rapporto annuale l’OASI (Organizzazione Aziende Sanitarie Italiane) del 2023, sostiene che il valore minimo per coprire le spese sia del 7% del Pil. Se a quanto sopra aggiungiamo la quota di spesa privata diretta o intermediata da assicurazioni che una larga parte di Italiani utilizzano, appare chiaro che esiste un reale problema di definanziamento del SSN .

Appare altresì chiaro che nel discorso politico/programmatico, la Cenerentola è sempre il punto 3, cioè la ricerca di soluzioni più economiche, che già nel 2015 con DM 70 individuava nel numero esorbitante degli Ospedali, una rilevante fonte di sprechi. Troppi ospedali in base ai bacini di utenza e spesso non in grado di raggiungere gli standard di ottimale assistenza (per deficit strutturali degli edifici o mancanza di apparecchiature) che sono fonte di emorragia non piccola di denaro pubblico e di sottoutilizzo di medici ed infermieri. Ma sono passati quasi 10 anni dal quel DM 70 e le Regioni non hanno messo mano alla suggerita ristrutturazione della rete dei servizi, che vuol dire ridefinire ruolo e numeri di Ospedali sul territorio ed ottimizzare medici ed infermieri di cui abbiamo” bisogno come l’aria, probabilmente perché scardinare l’attuale status quo è molto arduo e rischioso dal punto di vista del consenso politico. Molto più facile chiedere soldi che pensare a come risparmiarli.

Dott. Giorgio Verrini, ex medico ospedaliero

 

 

 

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