Alzi la mano chi, da bambino, non ha pensato almeno una volta di diventare un archeologo. Che siano le immagini di Indiana Jones a caccia di città e reperti perduti o il desiderio di esplorare il mondo sulle tracce di antiche civiltà, il mestiere dell’archeologo continua ad affascinare molti. Tra questi vi è anche la carpigiana 27enne Francesca Barchiesi, assegnista di ricerca presso l’Università di Bologna nonché responsabile sul campo, sotto la direzione del Professor Maurizio Cattani, di uno scavo a Ra’s al-Hadd, nel Sultanato d’Oman. Diplomata al Liceo Corso di Correggio e con una laurea magistrale in Archeologia conseguita presso l’ateneo bolognese, per Francesca è pressoché impossibile stabilire esattamente quando ha deciso di dedicarsi a questa carriera: “sin da bimba volevo diventare una archeologa, un desiderio che è rimasto in un angolo della mia mente durante tutti gli anni delle superiori. Poi, durante il periodo di orientamento universitario, ho deciso di iscrivermi alla Triennale in Beni Culturali a Ravenna, che prevedeva anche corsi di archeologia: quando ho saputo che l’università organizzava anche degli scavi sono letteralmente impazzita! Una volta iniziato il mio percorso di studi, quando ho dovuto scegliere la Magistrale non avevo più alcun dubbio”.
Qual è la cosa che ti emoziona maggiormente quando partecipi a uno scavo?
“Trovare o mettere in luce cose che sono state sepolte per centinaia o migliaia di anni è estremamente emozionante. Essere la prima a entrare in contatto con reperti che per tanto tempo sono rimasti celati è qualcosa che si fatica a descrivere. Poi c’è la componente del viaggio, che per me è importante tanto quanto quella della scoperta. Questo lavoro, infatti, mi ha dato la possibilità di girare tanto in Italia e all’estero”.
Ci sono scavi a cui sei particolarmente legata?
“Sono legata a tutti gli scavi organizzati da UniBO e altri atenei a cui ho partecipato soprattutto durante i mei primi anni universitari, molti dei quali con finalità di ricerca e a scopo didattico. Veri e propri tirocini, per imparare e fare esperienza sul campo. Tra quelli che mi hanno colpita maggiormente c’è un villaggio preistorico, eccezionalmente ben conservato e risalente ’alla prima metà del Secondo millennio avanti Cristo circa (età del Bronzo), posto su un promontorio affacciato direttamente sul mare, sull’isola di Pantelleria. Un’altra esperienza straordinaria è quella che ho vissuto alla Grotta dei Santi, all’Argentario, in Toscana: lo scavo, organizzato dall’Università di Siena, è in una grotta che oggi affaccia direttamente sul mare. Ci hanno portato i Vigili del fuoco col gommone e siamo rimasti lì, in tenda, per due settimane. Un luogo davvero incredibile, con tracce di frequentazione Neanderthal e una cronologia che andava indietro di 50mila anni. Non posso infine non citare il progetto negli Emirati Arabi con il team di IAMUQ – Italian Archaeological Mission in Umm al Quwain a cui ho preso parte subito dopo la laurea”.
In cosa consiste invece lo scavo nel sito di HD-7 a cui stai lavorando nel Sultanato d’Oman?
“Si tratta di una necropoli preistorica, risalente all’età del Bronzo ed è una scoperta significativa per approfondire le pratiche funerarie e le dinamiche sociali della prima metà del Terzo millennio avanti Cristo nell’Arabia sud-orientale. Le tombe sono state costruite su un terrazzo roccioso che circonda una spiaggia dove, fra la metà degli Anni ‘90 e i Duemila, il professor Cattani ha scoperto e scavato un villaggio con case in mattoni crudi, risalente allo stesso periodo. Le tombe sono quasi certamente riconducibili a quell’occupazione. L’Oman è diventato uno dei miei posti del cuore, ci vado ogni anno, per circa un mese, dal 2017. Lì attualmente abbiamo due scavi attivi organizzati da UniBO, d’altronde il docente di Preistoria Maurizio Cattani è un vero e proprio veterano dell’Arabia: si reca in Oman da 40 anni, ormai è la sua seconda casa”.
Dove vedi il tuo futuro?
“Non amo pianificare troppo perché in questo tipo di carriera spesso occorre essere nel posto giusto al momento opportuno. Molte volte le cose arrivano inaspettatamente, come è stato per questo assegno di ricerca in scadenza il prossimo anno ma che ho l’intenzione di godermi sino alla fine. Vorrei fare il dottorato certo, ma resto aperta a ogni possibilità mi si dovesse presentare”.
Jessica Bianchi