Dopo 12 anni, un intervento di riparazione dei danni legati al terremoto del 2012 e di miglioramento sismico e quasi 4 milioni di euro spesi, una delle chiese più amate di Carpi riapre finalmente le sue porte alla cittadinanza. Il Tempio di San Nicolò, spiega la Responsabile del Servizio Musei – Archivio storico – Memoria, Manuela Rossi, “è certamente la chiesa più importante di Carpi. E’ infatti la chiesa di Alberto Pio”. Per comprendere l’importanza nel tempo del sito in cui ora è collocata la chiesa di San Nicolò, bisogna risalire all’origine del primo insediamento sacro: la cappella di San Nicola.
“Il 29 gennaio 1123 – prosegue la dottoressa Rossi – papa Callisto II invia ai canonici della Pieve di Santa Maria una bolla che definisce, tra l’altro, il territorio di competenza della pieve. Qui sono espressamente citate tre capellae sotto il controllo della Pieve, tra cui – insieme alla cappella di San Lorenzo (a Gargallo) e di San Biagio (a San Marino) – anche quella di San Nicola. Di questo più antico edificio non rimane nessuna traccia: pare comunque probabile che, come già ipotizzato in studi precedenti, doveva trattarsi di un piccolo edificio a vano unico, in mattoni e copertura lignea, come tanti se ne trovano ancora nelle aree rurali emiliane. Ben presto, già intorno alla metà del XV secolo, l’antica cappella dovesse apparire come una vera e propria chiesa, forse dalle forme disomogenee ma di una certa dimensione. E di una certa importanza, se nel 1446 anche i signori di Carpi ottengono il diritto di sepoltura in una tomba posta tra due altari presso la porta del coro”.
Del 29 settembre 1449 è poi la chiamata da parte dei signori di Carpi dei Minori Osservanti che si stabiliranno in San Nicolò. “Il papa Niccolò V – spiega Manuela Rossi – con bolla da Fabriano concede l’arrivo dell’ordine francescano in risposta alla richiesta dei signori condomini Galasso e Alberto. In particolare, concede loro di poter costruire un convento accanto al preesistente oratorio di San Nicolò, da offrire ai Minori Osservanti.
La fondazione e l’edificazione del convento di San Nicolò fin da subito pare assumere per i signori di Carpi e le famiglie notabili un ruolo più importante delle altre chiese. I Pio stessi favoriscono e determinano l’ampliamento dei beni (terreni ed edifici) dei Minori e contribuiscono anche direttamente attraverso la cessione di terre dei tre signori che governano in condominio su Carpi in quel momento: Alberto II, Galasso e Marco Pio.
E così, se nel primo Quattrocento i Pio si fanno seppellire a San Francesco (il sarcofago di Marco Pio documenta la sua sepoltura con la moglie Margherita d’Este nel 1418 nel Tempio della Rosa, poi distrutto), dalla metà del XV secolo i signori di Carpi eleggono San Nicolò a loro pantheon. Si è già accennato a una tomba Pio nella chiesa nel 1446 e alle volontà di Galasso (morto nel 1463); sarà poi Leonello Pio nel 1477 a consacrare definitivamente San Nicolò a chiesa dei signori di Carpi”.
Che Alberto Pio abbia nutrito fin dalla più giovane età una predilezione e un’attenzione particolare a San Nicolò è facilmente giustificabile per il fatto che lì era sepolto il padre Leonello, che il signore di Carpi non aveva conosciuto (era morto nel 1477, quando Alberto aveva solo due anni).
“La prima notizia relativa a un progetto di Alberto Pio su San Nicolò emerge dagli atti del Capitolo dei Minori di Imola del 1493, nel quale i Frati lamentano preoccupazione per la nuova chiesa del principe che rivela forme architettoniche non consone alla Regola dell’Ordine e che presuppone la demolizione di una porzione dell’area conventuale. Nel Capitolo di Parma dell’anno successivo sembra che i Minori e Alberto Pio abbiano trovato una soluzione al riguardo. Si deduce che tra 1493 e 1494 il signore di Carpi aveva iniziato a edificare la nuova struttura architettonica, nell’area a est delle absidi della chiesa quattrocentesca, seguendo un modello a pianta centrale di ispirazione bramantesca. Questa prima fase costruttiva pare concludersi intorno al 1516, come confermano le iniziali di Alberto Pio e la data “MDXVI” che si trovano su due pilastri che definiscono l’area del transetto, con la costruzione dell’area presbiteriale dell’attuale chiesa e la cupola, che nel 1511 sembrerebbe già innalzata. Dopo questa data, il cantiere, affidato a maestranze locali della famiglia Barabani, subisce un rallentamento dei lavori e dal 1514 presumibilmente una vera e propria interruzione per l’avvio del cantiere della Collegiata tra 1514 e 1515.
Quando si prospetta all’orizzonte la possibilità di ospitare il Capitolo dei Minori a Carpi nel 1521, inizia l’edificazione della “seconda fabbrica”, su progetto di Baldassarre Peruzzi, affidata a Giovanni Antonio Barabani, nipote di quell’Antonio che aveva costruito la “prima fabbrica”. Si tratta evidentemente della costruzione delle nuove navate, da connettere all’area presbiteriale già costruita, che presuppone un intervento sulla chiesa quattrocentesca esistente.
Alberto Pio nel suo testamento fa esplicito riferimento a un lavoro da concludere in alcune parti che elenca precisamente: finestre, portale, pavimentazione e apparato decorativo, oltre a una puntuale descrizione di quanto avrebbe voluto dipinto nel catino absidale dell’altare maggiore. Si tratta di una delle più importanti realizzazioni architettoniche del Rinascimento emiliano” conclude la dottoressa Rossi.