“I figli? Contano meno di cani e gatti”

“Viviamo nell’epoca del Sii te stesso, ma a modo mio. Invece di essere visti come esseri umani in crescita - sostiene lo psicoterapeuta Matteo Lancini - i ragazzi sono considerati come strumenti per soddisfare l'ego degli adulti. Devono crescere come diciamo noi. Possono esprimersi tanto quanto noi siamo in grado di tollerare”. I figli non hanno più il diritto di sperimentare le emozioni, “soprattutto quelle più disturbanti, come la tristezza, la noia, la rabbia, perché il ruolo che devono giocare è quello di non disturbare i genitori, facendoli sentire adeguati. Sono i figli che devono far sentire i genitori all'altezza, non viceversa”. E allora gli incidenti stradali, i gesti autolesionisti, i disturbi alimentari, il ritiro sociale, il suicidio… diventano sempre più frequenti. Sintomi di un disagio che, genitori troppo fragili, non sanno - e non vogliono - affrontare.

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“I figli? Contano meno di cani e gatti”. A sostenerlo è Matteo Lancini, clinico e psicoterapeuta al suo debutto al festivalfilosofia. Una voce nuova la sua che ha largamente ribadito come oggi, ad essere fragili non siano gli adolescenti bensì gli adulti, a partire dai genitori. Lancini ha tratteggiato tre epoche differenti caratterizzate da tre diversi approcci educativi. “Mio nonno – racconta – sì e no sapeva della mia esistenza. Il suo modello era quello della famiglia tradizionale – normativa dove l’intervento educativo prevedeva una sola frase: Devi obbedire. I bambini andavano contenuti. L’altro era più importante del sè. Si cresceva con l’idea di non poter esprimere se stessi, pena la sofferenza, e questo ha generato adolescenti trasgressivi. Io sono trent’anni che nella mia pratica clinica non mi imbatto più in un adolescente trasgressivo”. Poi, dal modello normativo-edipico, fondato sull’autorità del padre, si è passati a quello narcisistico, nel quale, venuta meno tale autorità, “il sistema familiare si è riorganizzato. Il bambino diventa un soggetto intenzionale con cui stringere una relazione. E a lui la madre dice, Io e te cresceremo lontani nel corpo  (ndr – ved alla voce asilo, scuola…) ma vicini nella mente. Un nuovo patto famigliare in cui ciò che conta è l’intesa. E’ la famiglia affettiva, quella in cui la relazione diventa non più uno strumento per veicolare valori certi, bensì il fine ultimo per il suo mantenimento. I bambini crescono in una società che precocizza l’esperienza. Si chiede loro di socializzare, di avere tanti amici… il cellulare governa il loro processo di crescita. Lo controlla. I genitori sequestrano il corpo dei figli, la noia va bandita. Si chiudono gli spazi di gioco, la comunità educante viene meno, ben prima dell’avvento di Internet. Quando io avevo sette anni, a Milano, nessun genitore si sarebbe sognato di andare a prendere il figlio a scuola. Dai sette anni in poi si tornava da soli, con una unica raccomandazione: Attento alle caramelle drogate… Erano i primi Anni Settanta, a Milano c’erano le stragi eppure  i nostri genitori ci facevano correre dei rischi. Quelli che oggi dicono che i videogiochi rendono i ragazzi violenti evidentemente non hanno mai frequentato i cortili. Nei cortili ogni giorno era un bagno di sangue: nasi rotti, cadute, qualche frattura persino… succedeva di tutto, i gatti venivano colpiti con le cerbottane, le compagne di palazzo si beccavano qualche palla avvelenata in faccia rimediando un occhio pesto. Provaci oggi: ci aprirebbero il Tg1! Per non parlare dei ragazzi in strada, appena li si vede si scatena il panico”.

Questo modello si somma poi a una società delle immagini, dove, continua Lancini, si cresce con l’idea del “successo a tutti i costi, della competizione, di un corpo mai bello abbastanza. Dove cala il desiderio sessuale e a contare è solo il corpo estetico. E’ l’epoca numero due, quella del narcisismo, in cui gli adolescenti crescono per delusione. Il tempo in cui il sentimento dominante è l’inadeguatezza. La vergogna. E allora, la canna che per i figli della stagione normativa era simbolo di trasgressione, ora diventa un anti dolorifico, un anti noia. Un lenitivo”.

E se il narcisismo è stato il paradigma dominante negli ultimi decenni, dove i ragazzi erano il riflesso delle aspettative degli adulti, oggi ci troviamo in una fase di post-narcisismo. “Viviamo nell’epoca del Sii te stesso, ma a modo mio. Invece di essere visti come esseri umani in crescita – sostiene Lancini – i ragazzi sono considerati come strumenti per soddisfare l’ego degli adulti. Devono crescere come diciamo noi. Possono esprimersi tanto quanto noi siamo in grado di tollerare”. I figli non hanno più il diritto di sperimentare le emozioni, “soprattutto quelle più disturbanti, come la tristezza, la noia, la rabbia, perché il ruolo che devono giocare è quello di non disturbare i genitori, facendoli sentire adeguati. Sono i figli che devono far sentire i genitori all’altezza, non viceversa”. E allora gli incidenti stradali, i gesti autolesionisti, i disturbi alimentari, il ritiro sociale, il suicidio… diventano sempre più frequenti. Sintomi di un disagio che, genitori troppo fragili, non sanno – e non vogliono –  affrontare.

“Registriamo un’esplosione di sintomi legati all’ansia e alla depressione in età giovanile. Tanti genitori danno colpa ai social media, alla musica trap, alla pandemia… non è così. Non è Internet il problema, sono l’ansia, l’angoscia. E’ più facile dare la colpa ai social, ma è proprio lì che spesso i ragazzi superano il senso di solitudine sperimentato in famiglia. Perchè non facciamo le domande difficili? Perché non chiediamo loro se hanno mai pensato al suicidio. Perché non chiediamo loro cosa vedono quando si guardano allo specchio. Se un adulto ascolta davvero, i ragazzi parlano. Questi giovani paiono avere meno attenzione di cani e gatti. Gli adolescenti chiedono soltanto di poter essere loro stessi. Amiamoli per questo”.

Jessica Bianchi