Una nuova speranza per la lotta ai tumori pancreatici arriva dai Laboratori di Terapie Cellulari del Policlinico di Modena diretti dal professor Massimo Dominici, Docente di Oncologia presso l’Ateneo di Modena e Reggio Emilia (UniMoRe) e Direttore della Struttura Complessa di Oncologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria (AOU) di Modena, e dalla dottoressa Giulia Grisendi, biotecnologa e ricercatrice di UniMoRe. L’equipe modenese ha studiato la combinazione di terapia cellulare-genica e di chemioterapia che ha dato risultati incoraggianti. Lo studio è stato pubblicato sul numero di agosto dell’importante rivista Cell Report Medicine (LINK).
Lo studio è ancora in una fase preclinica ma apre importanti prospettive per la cura del tumore pancreatico ponendo l’attenzione su inattese sinergie che consentiranno di studiare farmaci sempre più mirati in grado di integrarsi in protocolli di terapia genica per ridurre sia il tumore che il suo stroma. Inoltre, questa strategia di sostituzione stromale con terapie genica e chemioterapia consentirà a breve l’inizio di una sperimentazione nei pazienti, in particolare quelli con malattia localmente avanzata.
I Laboratori di Terapie Cellulari sono da anni impegnati nello sviluppo di terapie cellulari e geniche per tumori ancora di frontiera, tra i quali il tumore del pancreas. “Nella maggior parte dei casi – spiegato il prof. Dominici – questo cancro si sviluppa nelle fasi iniziali senza sintomi, il che rende difficile la diagnosi. I sintomi, quando compaiono, sono spesso aspecifici e la maggior parte dei pazienti riferisce dolore, nausea, perdita di peso e di appetito. Per questo motivo, la maggior parte dei casi viene diagnosticata in uno stadio avanzato. Gli attuali metodi di trattamento dipendono dalla diffusione della malattia e comprendono la resezione chirurgica e la chemioterapia in approcci adiuvanti o neoadiuvanti per tumori resecabili o potenzialmente resecabili, la radio-chemioterapia per malattia non resecabile, localmente avanzata e, infine, la chemioterapia per le forme metastatiche”.
Per questo motivo il tumore al pancreas è ancora oggi uno dei più gravi, per l’assenza di terapie in grado di cambiarne la prognosi che è ancora di pochi mesi per la malattia metastatica, ovvero l’80% dei pazienti. Nel mondo si stimano circa mezzo milione di casi all’anno, mentre in Europa ogni anno circa 130.000 pazienti si ammalano di tumore pancreatico con una mortalità, purtroppo, quasi sovrapponibile. In Italia, tale drammatico scenario riguarda circa 15.000 concittadini. Nel 2040 le previsioni per l’Europa sono ancora più fosche, con la previsione di aumento dell’incidenza sino ai 180.000 casi anno.
“Il nostro gruppo di ricerca – hanno aggiunto il prof. Dominici e la dottoressa Grisendi – si è quindi si è quindi chiesto il motivo di questi ancora insoddisfacenti risultati clinici, interrogandosi se l’insuccesso delle attuali terapie possa essere imputabile al fatto che le cure ad oggi approvate hanno considerato come bersaglio esclusivo solo le cellule tumorali. Tuttavia, è noto che la complessità del tumore del pancreas riguarda anche la presenza di numerose cellule di supporto – dette stromali – che, sebbene non completamente tumorali, sono un costante aiuto alla crescita tumorale ed alla capacità di difendersi dai trattamenti. Quindi abbiamo scommesso sul fatto che nuovi trattamenti debbano necessariamente danneggiare fino a eliminarle anche queste abbondanti cellule stromali oltre che il tumore in sé”.
I ricercatori hanno pensato di utilizzare cellule stromali normali prese dal tessuto adiposo – dette cellule staminali/stromali mesenchimali – e di modificarle geneticamente per la produzione di un potente agente anti-tumorale, detto TRAIL. In questo modo si è voluto “ingannare” il tumore pancreatico sostituendo le cellule stromali tumorali con cellule stromali modificate anti-cancro con lo scopo di far rilasciare il loro carico letale in prossimità del tumore stesso. Non solo, il gruppo di ricerca ha anche ipotizzato che la combinazione di questo trattamento di “sostituzione” stromale, associato alla somministrazione di un tradizionale chemioterapico quale la gemcitabina, potesse generare un migliore effetto terapeutico.
I ricercatori hanno poi creato quello che è stato definito un avatar tumorale, ovvero un modello tridimensionale rappresentativo – con tumore e stroma maligno – del cancro pancreatico umano. Questi avatar sono stati quindi trattati dalla combinazione di terapia genica e chemioterapia. “In questo modo – conclude la dottoressa Grisendi – abbiamo hanno scoperto che la combinazione di cellule stromali da grasso secernenti TRAIL e gemcitabina colpiva sia le cellule tumorali – anche le più aggressive – sia le cellule stromali alternandone anche le capacità supportive per la crescita tumorale grazie anche ad un profondo impatto in ancora inesplorati meccanismi molecolari. In aggiunta, in due diversi modelli animali di cancro pancreatico, i ricercatori hanno ulteriormente validato la capacità della combinazione nel ridurre significativamente la massa tumorale indicando anche una riduzione delle metastasi a distanza”.