Moda, in 10 anni perse un terzo delle imprese nel modenese

È il dato che emerge da un’analisi dell’ufficio studi Lapam Confartigianato. Del totale delle imprese attive, di cui il 67,4% sono artigiane, le imprese dell’abbigliamento occupano la fetta maggiore e rappresentano il 70%, quelle del tessile sono il 26% mentre il restante 4% opera con le pelli.

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Nel giro di un decennio il comparto della moda ha assistito a una perdita di circa un terzo delle imprese, precisamente il 33,6%, passando dalle 2.532 imprese attive nel 2014 alle 1.682 del 2024. È il dato che emerge da un’analisi dell’ufficio studi Lapam Confartigianato sul settore moda nel territorio di Modena e provincia. Del totale delle imprese attive, di cui il 67,4% sono artigiane, le imprese dell’abbigliamento occupano la fetta maggiore e rappresentano il 70%, quelle del tessile sono il 26% mentre il restante 4% opera con le pelli.

Una situazione di difficoltà che si manifesta anche nei numeri dell’export: nel 2023 il valore delle esportazioni dei prodotti della moda aveva visto un deciso calo del -32% rispetto ai livelli dell’anno precedente, e anche il primo trimestre del 2024 si ferma ad un esiguo +0,1% rispetto allo stesso periodo del 2023. In particolare, nonostante una crescita del 30% delle esportazioni verso Hong Kong, diminuiscono rispettivamente del 14% e dell’11% quelle verso Germania e Francia. Durante i primi tre mesi di quest’anno, inoltre, le imprese modenesi della moda hanno esportato i loro prodotti per un valore pari a 152 milioni di euro, di cui il 53% diretto verso i paesi dell’UE.

Da segnalare anche il dato che concerne l’impiego di ammortizzatori sociali: nel periodo tra gennaio e maggio del 2024 le ore autorizzate di cassa integrazione per le imprese modenesi del comparto sono più che triplicate (+226%) rispetto allo stesso arco temporale dell’anno precedente.

Roberto Guaitoli

«Sono numeri preoccupanti e non ci si può nascondere –  afferma Roberto Guaitoli, presidente Lapam Confartigianato Moda –. Da anni ormai segnaliamo che il settore sta subendo una crisi senza precedenti, incentivata da un fast fashion sempre più dilagante e una cultura del consumismo che si sta diffondendo sempre di più. Come associazione abbiamo chiesto tavoli e incontri istituzionali agli organi competenti per provare a valorizzare uno dei comparti emblema del Made in Italy. Ci stiamo muovendo, però, anche per creare consapevolezza e sensibilizzare le nuove generazioni a preferire nuovamente la qualità dei prodotti realizzati dagli artigiani: l’abilità di creare capi di eccellenza e duraturi nel tempo deve essere uno dei primi criteri quando si sceglie di realizzare un acquisto. Solo in questo modo si potrà dare nuovamente slancio al settore e invertire un trend che ad oggi è particolarmente critico».